L'Unicef lancia una campagna per combattere la mortalità infantile
Rispetto al 1990 nel mondo muoiono 12 mila bambini in meno al giorno. I decessi infantili
sono scesi da oltre 12 milioni a 7,6. Ma in Africa Subsahariana ancora un bambino
su otto muore entro il primo mese di vita. Per questo, il 28 settembre prossimo l’Unicef
Italia lancia la campagna "Vogliamo Zero". Il servizio di Irene Pugliese:
L’obiettivo
è alto: sconfiggere del tutto la mortalità infantile, ridurre drasticamente il numero
dei bambini sotto i 5 anni che muoiono ogni giorno nel mondo. Da qui il nome della
campagna dell’Unicef “Vogliamo zero” che partirà a fine settembre. Sebbene dal 1990
ad oggi gli sforzi dell’Agenzia Onu che si occupa dei minori abbiano fatto sì che
la mortalità dei piccoli al di sotto dei 5 anni di età sia scesa dai 12 milioni all’anno
a meno di otto non è ancora abbastanza. Il commento di Roberto Salvan,
direttore generale di Unicef Italia.
"A partire dal 1990 ci sono 12
mila bambini al giorno che muoiono in meno, quindi ci sono stati certamente dei progressi:
campagne di vaccinazione e strutture sanitarie che sono state realizzate che hanno
lavorato meglio, però ci sono ancora sette milioni e 600 mila bambini dai 0 ai 5 anni
che ogni anno muoiono e questo è un dato che non possiamo accettare".
Nigeria,
India, Repubblica democratica del Congo, Pakistan, Cina: sono l’Africa e l’Asia le
regioni del mondo più colpite dalla mortalità infantile. Ancora Salvan:
“Sono
questi Paesi perché il numero di bambini presenti in quella popolazione è molto elevato.
Andando a guardare l’Africa è evidente che ci sono Paesi come la Somalia e il Sudan
o anche Paesi più piccoli dove la popolazione infantile è più ridotta. C'è poi, per
esempio, l’Afghanistan dove i bambini muoiono in numero molto alto rispetto alla popolazione
civile”.
Serve più attenzione rispetto a questo drammatico problema,
denuncia l’Unicef, perché c’è bisogno di più risorse per i vaccini, per l’acqua potabile
e affinché il cibo sia presente sempre, anche in situazioni di siccità e carestia.
Ma soprattutto perché, sostiene Salvan, la civiltà e lo sviluppo di ogni nazione si
misura anche dalla mortalità dei bambini.