L'arcivescovo di Cosenza, mons. Nunnari, sulla Beata Elena Aiello: un modello di coraggio
e santità per tutta la Calabria
Oltre 20 mila persone, provenienti da tutta la Calabria e anche da molti Paesi stranieri,
hanno partecipato ieri pomeriggio alla cerimonia di Beatificazione di Suor Elena Aiello.
La Calabria, ma non solo, ha celebrato la propria Beata, prima donna calabrese nativa
di un piccolo paese, Montalto Uffugo, ad essere prloclamata Beata. Sulla figura di
Suor Elena Aiello, fondatrice dlle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù
Cristo, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’arcivescovo di Cosenza–Bisignano,
mons. Salvatore Nunnari:
R. - Colpisce
anzitutto la straordinarietà della sua vita: una vita semplice di donna calabrese;
una vita legata alla Croce, anche per gli eventi mistici che l’hanno accompagnata.
Una cosa che l’ha affascinata, appassionata, ma l’ha poi rimandata alle sofferenze
soprattutto delle famiglie, dei piccoli e degli abbandonati. Una donna mistica, che
dalla contemplazione del Crocifisso è passata a contemplare il Suo volto in mezzo
alle situazioni difficili del tempo. Una donna che esprime poi profondamente la calabresità
e quindi una donna coerente, forte, ma anche dolcissima.
D. - Seguendo
proprio questo insegnamento altissimo della Beata Elena Aiello, quali sono oggi le
luci della Calabria, che si possono far risplendere e anche le ombre che si possono
sconfiggere proprio attingendo a questo patrimonio?
R. - La Calabria,
una terra che qualche volta viene descritta anche male, ha profonde radici e valori
che non sono mai scomparsi, soprattutto nelle nostre donne. Elena Aiello ci ha rimandato
alle nostre mamme, alle tante donne che nel sacrificio e spesso nella sofferenza hanno
scritto la nostra storia. Questa è la Calabria più bella! Le ombre ancora non scompaiono:
c’è del male da sradicare e se vogliamo, noi preti, la Calabria la salveremo. Dobbiamo
essere plasmatori di santità e la Beata Elena ci dice: “Coraggio”. Era una donna del
popolo e la santità non spunta così: la santità ha un’origine, che è sempre nelle
nostre famiglie. In Calabria, la grande ricchezza sono le nostre famiglie!
D.
- E poi vivere il Vangelo in Calabria, ricordando anche la straordinaria vita di suor
Elena Aiello, significa confidare sempre in Gesù Cristo, non avere timore di denunciare
le ingiustizie, di denunciare le organizzazioni criminali. Quando la Calabria - anche
con il contributo della Chiesa - potrà essere finalmente liberata da queste piaghe?
R.
- Quando tutti noi diventeremo costruttori di fiducia e di speranza: un popolo senza
fiducia è un popolo in declino. Dobbiamo dare ancora fiducia, perché abbiamo le potenzialità
per essere presenza buona: la Buona Notizia del Vangelo ha un terreno accogliente
e dobbiamo avere il coraggio di evangelizzare, promuovendo l’uomo. Dobbiamo combattere
la mafia: ma attenzione a non essere solamente antimafia nelle parole… Dobbiamo combattere
la mafia negli atteggiamenti: la mafia si distrugge portando avanti una cultura di
vita, di speranza. I preti distruggono la mafia vivendo il Vangelo, la Buona Novella.
Non può essere distrutta la storia, la civiltà di un popolo da alcuni momenti brutti,
bruttissimi legati alla mafia. La mafia va combattuta con la nostra vita buona, la
vita buona dei cristiani. (mg)