La crescita dell'area Euro nella seconda parte dell'anno sarà "molto moderata", le
prospettive economiche sono "soggette a rischi verso il basso" e vi è "incertezza
particolarmente elevata". Lo scrive la Banca centrale europea nel suo bollettino di
settembre, mentre l’Eurostat registra un’inversione di tendenza sul fronte dell’occupazione,
con un aumento del tasso degli occupati dell’0,3% nella zona Euro. La crescita è rallentata
“ma non prevediamo recessione”, ha commentato il commissario Affari Economici dell’Ue,
Olli Rehn. E un quadro della crisi in corso viene tracciato dall’economista Loretta
Napoleoni, nel suo nuovo libro intitolato “Il contagio”. L’ha intervistata per
noi Stefano Leszczynski:
R. - I mercati,
in un certo senso, sono diventati quasi la voce del popolo: quindi, al momento, quello
che i mercati ci stanno dicendo è un po’ quello che pensa anche un po’ l’uomo della
strada. Questi politici europei non hanno idea di come risolvere questa crisi e questi
messaggi che ci dovrebbero rassicurare, in realtà sono solamente parole, perché non
esiste una vera e propria strategia: si è imposto alla Grecia un programma di austerità
che ha contratto ulteriormente l’economia e quindi come fa la Grecia a ripagare un
debito così alto se non cresce e se l’economia anzi si contrae?
D. -
Gli economisti si trovano spesso in contrasto con quello che è il sentimento popolare
ultimamente: la soluzione che propongono è quella degli eurobond…
R.
- L’eurobond, in un certo senso, guadagna tempo, ma non risolve il problema della
crescita: non è che se oggi la Bce esce sul mercato con gli eurobond, salviamo l’economia
greca. L’economia greca si salva solamente se riprende a crescere.
D.
- Tutti sono piuttosto concordi nel puntare il dito contro le classi politiche europee,
che non sono state in grado di affrontare questa crisi e non sanno dove mettere le
mani…
R. - Il problema dell’Euro, ma il problema anche del deficit,
è un problema relazionato al malgoverno e quindi al malfunzionamento della democrazia.
D.
- I problemi dell’Europa sono comuni anche agli Stati Uniti, eppure in altre parti
del mondo grosse economie continuano a crescere: immaginiamo la Cina o gli altri Paesi
emergenti, dove questi fenomeni non si producono. Quali sono le differenze?
R.
- Sono modelli diversi: nel modello cinese, ma anche il modello sudamericano, dopo
la bancarotta argentina, c’è stato un ripensamento profondo sul modello neoliberista.
Questo ripensamento ha portato a delle modifiche fondamentali di questo modello, senza
abbandonare il capitalismo. Secondo me, il motivo per il quale in questo nuovo sistema
economico l’Occidente sembra arrancare, sembra non riuscire a crescere come si prevedeva,
è proprio perché l’Occidente ha bisogno di adattare un modello teorico a quelle che
sono le esigenze quotidiane del mercato globalizzato.
D. - La debolezza
delle democrazie occidentali quanto rischia di favorire, ad esempio, un fenomeno di
islamismo radicale nel Mediterraneo piuttosto che una evoluzione verso degli Stati
democratici?
R. - Io non credo che la debolezza europea sia consona
ad una avanzata degli islamici radicali, anzi. In realtà, quello che sta succedendo
oggi è esattamente l’opposto di quello che è successo nel passato: sono loro - quindi
i Paesi arabi - che hanno iniziato questa rivolta, questa “primavera araba” e da loro
poi il contagio è passato a noi ed abbiamo visto quello che è successo in Spagna e
nel resto dell’Europa. (mg)