Presentazione del libro “HUR Un ospedale italiano sul lago Vittoria”
Viene presentato oggi pomeriggio a Roma il libro 'HUR, un ospedale italiano sul Lago
Vittoria' del prof. Luigi Gentilini, chirurgo oncologo e già docente universitario,
per i tipi dell’Editoriale Il Ponte. Il libro tratta, in forma narrativa e di diario,
le esperienze umane e professionali dell'autore tra Italia e Africa. Il cuore dell'opera
è l'idea di un ospedale, il Floating Mobile Hospital-FMH, che assiste le popolazioni
navigando, arrivando ai villaggi delle coste e alle isole dei Grandi Laghi della Rift
Valley. Un progetto che aspetta di essere tradotto in realtà. Giada Aquilino ha
chiesto al prof. Gentilini un’anticipazione del libro:
R. - Io ho
vissuto i primi 20 anni della mia vita in Africa e mi ritenevo quasi africano, anche
se italiano; poi sono venuto in Italia, dove ho fatto tutta la mia carriera prima
come studente e poi come medico; andato in pensione, sono tornato in Africa per diverse
missioni umanitarie e sanitarie. Prima sono andato sul Golfo di Guinea, fra Ghana,
Togo e Benin; sono stato poi invitato dai benedettini in Tanzania, sul lago Tanganica;
e sono stato anche sul Lago Vittoria.
D. - Che idea è quella di un ospedale
sul Lago Vittoria?
R. - La prima idea, illustrata nel libro, mi venne
a Gambié, nel Benin, dove visitai dei pazienti in un grandissimo villaggio su palafitte,
ma privo di qualsiasi tipo di assistenza sanitaria. Parlando con i medici e con i
pazienti, dicevo: qui potrebbe essere utile un ospedale mobile e galleggiante. L’idea
quindi cominciava a prendere corpo, ma si fece più concreta sul Lago Tanganica: lì
gli abitanti dei villaggi costieri mi dissero che, durante le stagioni delle grandi
piogge, le popolazioni rimanevano isolate. Infine la perfezionai definitivamente sul
Lago Vittoria, grande come un mare, quasi come l’Adriatico.
D. - E’
un progetto, quindi, di un ospedale che assiste le popolazioni navigando…
R.
- Noi diciamo: l’ospedale che va verso i pazienti.
D. – Quindi si fanno
viaggiare gli ospedali e non i pazienti?
R. – Sì, sul Lago Vittoria
ho individuato quattro grandi località, dove ci sono anche possibilità di attracco,
perché l’ospedale si fermerà per circa una settimana in ogni località: una ad est,
che si chiama Musoma; una al centro, dove c’è una grandissima isola, l’isola di Ukerewe;
la terza tappa sarà a Bukoba, che si trova ad ovest, quasi al confine con l’Uganda;
la quarta ed ultima tappa sarà a Mwanza, che è la principale città del Lago Vittoria.
La nave, che è lunga 25 metri, supporterà e collaborerà con le strutture sanitarie
esistenti. Noi andremo a coprire - d’accordo con le autorità sanitarie africane -
i loro lati scoperti, a seconda delle esigenze. Si tratta di un catamarano, proprio
perché all’interno dei suoi due grandi scafi verranno sistemati altrettanti ambienti
sanitari: uno sarà dedicato alla radiologia; nell’altro sarà organizzato il laboratorio.
Al primo piano ci sono quattro sale dedicate alla prima emergenza, alla chirurgia,
all’ostetricia e all’assistenza ai neonati e ai bambini, proprio perché la richiesta
maggiore in zona è quella relativa all’assistenza delle donne in gravidanza e ai loro
piccoli. Al piano superiore è prevista un’ampia sala per la formazione, sia in loco
sia a distanza, con il supporto della telemedicina. Quello che ho notato è che ai
miei colleghi africani fa molto piacere stare insieme, parlare, scambiare le esperienze.
Io la chiamo “formazione reciproca”; in swahili si dice “crescere insieme nella collaborazione”.
D.
- Il Lago Vittoria territorialmente abbraccia tre Paesi: Tanzania, Kenya e Uganda.
Di fatto l’ospedale - oltre a curare - avrà anche a che fare con quella che è la vita
quotidiana di questi Paesi: l’agricoltura, la scuola, le infrastrutture. Che idea
ha?
R. - L’aspetto sanitario dovrà cercare anche di sviluppare poi le
industrie locali, l’economia, la scuola, la formazione, instaurando una collaborazione
fra l’Italia e - inizialmente - la Tanzania e poi, avviando contatti, anche con l’Uganda
e il Kenya. (mg)