Mauritius: la Chiesa contraria al progetto di legge per legalizzare l’aborto
Dibattito acceso, in questi giorni, nella Repubblica di Mauritius: dopo la ratifica,
da parte del governo, della convenzione Onu per “l’eliminazione di tutte le forme
di discriminazione nei confronti delle donne”, da più parti si fanno pressioni sul
Parlamento perché approvi un progetto di legge che legalizzi l’aborto. La legislazione
attuale del Paese, infatti, è una delle più protettive della salute del feto, all’interno
del continente africano. L’interruzione di gravidanza, di fatto, è consentita solo
ed esclusivamente per tutelare la salute materna, mentre è illegale se effettuata
su richiesta, per anomalie del feto, in caso di stupro o per fattori socio-economici.
Contro la decisione di un nuovo progetto di legge che, a partire dalla convenzione
Onu, contempli “il diritto all’aborto” e permette l’interruzione di gravidanza “entro
i sei mesi”, si è schierato il vescovo di Port-Louis, mons. Maurice Piat. In un’omelia
pronunciata nei giorni scorsi, il presule ha lanciato “un appello alla coscienza umana
dei dirigenti e alla loro libertà interiore. Mi auguro che affrontino questa questione
a partire dai criteri di una moralità umana autentica”, soprattutto “quando si tratta
della vita umana e del rispetto al quale essa ha diritto sin dal concepimento”. Esprimendo,
poi, tutta la vicinanza e la solidarietà della Chiesa nei confronti delle donne alle
prese con una gravidanza indesiderata, mons. Piat ha ribadito che “l’aborto non è
diritto, poiché proteggere il bambino è un dovere”. E a chi ha obiettato che tale
dibattito andrebbe condotto solo sul piano sanitario e giuridico e la Chiesa non dovrebbe
avere voce in capitolo sulle questioni politiche , il vescovo di Port-Louis ha spiegato:
“La Chiesa esprime un punto di vista umano e dunque inevitabilmente morale. La fede
cristiana non è separata da ciò che è essenziale per la dignità umana. Al contrario,
il Vangelo getta luce su tutto ciò che permette all’uomo e alla donna di divenire
autenticamente umani e di aspirare a quella felicità cui tutti hanno diritto”. Di
qui, l’invito del presule perché il governo si occupi “delle cause che portano all’aborto”
e non si limiti solo “ad una gestione delle sue conseguenze”. In tal senso, l’esecutivo
è stato esortato “ad aiutare le madri e le famiglie in difficoltà, offrendo loro condizioni
di vita migliori e salari dignitosi, affinché siano più motivate a prendersi cura
dei propri figli”. Un ulteriore auspicio viene espresso perché si guardi ad una corretta
educazione alla sessualità, intesa come “un’educazione che presenti la nobiltà dell’amore
sessuale umano vissuto nel contesto di un amore duraturo ed impegnato per la vita
nel matrimonio”. Centrale anche la necessità di “una rete di solidarietà” per le donne,
affinché non si sentano sole, di fronte ad un bambino non voluto. “Il diritto di una
donna alle prese con una gravidanza non desiderata – ha concluso mons. Piat – è innanzitutto
quello di beneficiare di tutto il sostegno e di tutta la solidarietà necessaria alla
famiglia e alla società per mettere al mondo un bambino”. (I.P.)