La difficile strada per la transizione democratica in Nepal. Preoccupazione per i
diritti delle minoranze religiose
Un nuovo primo ministro è stato nominato da pochi giorni in Nepal. Baburam Bhattarai,
proveniente dalle fila degli ex-ribelli maoisti, dovrà completare la transizione alla
democrazia iniziata tre anni fa con il voto per l’Assemblea costituente. La scrittura
della Carta e delle leggi fondamentali, tuttavia, non è conclusa ed una delle questioni
più sentite riguarda la tutela delle minoranze religiose, compresa la piccola comunità
cristiana. A sottolineare il tema al microfono di Davide Maggiore è padre Silas
Bogati:
D. – Padre Bogati,
lei è fra gli autori di un documento sui diritti delle minoranze religiose in Nepal,
che è stato consegnato all’Assemblea costituente. Ci può dire qualcosa di più sulla
situazione delle minoranze religiose, specialmente cristiane, in Nepal?
R.
– In Nepal we are in a process of writing... In Nepal ci troviamo nella fase di
scrittura di un nuovo Codice penale. Ce n’è uno risalente a molto tempo fa, che si
sta cercando di aggiornare, mettendoci qualcosa di nuovo. In questo processo, però,
hanno fatto delle aggiunte, per cui ogni tipo di conversione sarà considerata illegale.
Però, poiché ci è arrivata questa notizia attraverso i media, ci siamo resi conto
che questo andava contro lo spirito laico dello Stato nepalese, contro la libertà
di espressione religiosa e contro i diritti umani fondamentali. Per questo abbiamo
preparato un documento che presentava le posizioni della Chiesa sull’argomento e lo
abbiamo consegnato a tutti i membri dell’Assemblea costituente. In questo documento,
fondamentalmente, stiamo cercando di mettere in risalto i diritti delle minoranze,
che il Nepal è diventato uno Stato laico e che ogni religione dovrebbe essere guardata
con la stessa dignità e gli stessi diritti.
D. – Quali sono i bisogni più urgenti
per i cristiani?
R. – The criminal Code put... Il nuovo Codice penale indica
abbastanza apertamente che ogni tipo di conversione da qualsiasi altra religione non
sarà permessa o che qualsiasi dichiarazione religiosa che porti ad una conversione
sarà considerata anch’essa illegale. Quindi, fondamentalmente, se questo verrà approvato,
le nostre mani saranno legate. Anche la gestione di una scuola può essere presa come
predicazione e qualsiasi tipo di predicazione verrà considerata illegale. Quindi,
ogni cosa che noi facciamo potrebbe essere interpretata come tentativo di proselitismo
o un chiaro tentativo di convertire le persone. In questo modo, sarà un ostacolo per
noi nel compiere il nostro lavoro. Non potremo evangelizzare e non potremo nemmeno
gestire le scuole.
D. – Da pochi anni è finita una decennale guerra civile:
si sta attuando una riconciliazione e la Chiesa come sta aiutando questo processo?
R.
– Caritas has a peace program... La Caritas ha un programma di pace e, durante
la ribellione e la guerra, ha aiutato molti profughi. E adesso abbiamo un programma
che aiuta sempre queste persone e che le reinserisce. Quindi, la Chiesa a suo modo
ha giocato un piccolo ruolo, aiutando quelli che si trovavano in difficoltà. Ovviamente,
la Chiesa rappresenta davvero una minoranza in Nepal: noi siamo solo 8 mila su 28
milioni. Quindi, da un punto di vista caritativo, stiamo cercando di aiutare le persone
in difficoltà, soprattutto profughi.
D. – Il Nepal è uno dei Paesi più poveri
del mondo: in generale, di cosa ha maggiormente bisogno la popolazione?
R.
– Poverty is really our problem... Il nostro problema è davvero la povertà. Le
persone hanno bisogno di molte attività di sviluppo e noi dobbiamo aiutare queste
persone ad uscire dalla povertà. Per cui l’educazione sarà davvero una priorità per
la Chiesa, così come le attività di sviluppo di cui si occupa la Caritas in 60 distretti
su 75 nel Paese. Abbiamo molti programmi dedicati all’agricoltura, abbiamo programmi
per creare reddito. Attraverso le attività di sviluppo possiamo davvero fare la differenza
nella vita delle persone e possiamo aiutarle a migliorare la loro esistenza. (ap)