Più di 600 i migranti ancora tenuti in ostaggio dai predoni nel Sinai
Incatenati in container nel deserto del Sinai e sottoposti a torture e sevizie per
chiedere a parenti e amici di pagare il riscatto ed essere liberati dai propri aguzzini.
E’ la drammatica condizione in cui si trovano centinaia di profughi, soprattutto eritrei
ed etiopi, tenuti in ostaggio da trafficanti di esseri umani al confine tra Egitto
e Israele. Questo turpe traffico, di cui si è cominciato ad avere notizia nel mese
di novembre del 2010, prosegue ancora oggi, spesso senza adeguata attenzione mediatica.
Su questa vicenda - per la quale si moltiplicano gli appelli tesi a sollecitare l'intervento
della comunità internazionale - si sofferma, al microfono di Hélène Destombes,
il sacerdote eritreo responsabile a Roma dell’agenzia Habesha, don Mussie Zerai,
che è riuscito a stabilire un contatto diretto, via telefono, con alcuni degli ostaggi:
R. - Tanti
di loro sono stati liberati o perché qualcuno ha pagato o magari perché sono riusciti
a fuggire. Anche se con la rivoluzione che c’è stata in Egitto molte cose sono cambiate,
il ciclo però si ripete: continuano ad esserci persone che cercano di attraversare
il confine con Israele e, quindi, nuovi ostaggi finiscono nelle mani dei trafficanti.
Abbiamo avuto notizie di ragazzi che sono stati uccisi e di cadaveri che sono stati
trovati con evidenti segni di torture. Attualmente, si parla di circa 600 persone
che si trovano ancora in ostaggio dei trafficanti.
D. - Dopo la caduta
di Hosni Mubarak la situazione è peggiorata?
R. - Si può dire che non
è cambiato nulla. Già allora questi trafficanti agivano liberamente. Anzi, si può
quasi dire che il caos della rivoluzione li abbia favoriti per via dell’assenza del
governo e di controllo. In alcuni casi, abbiamo addirittura avuto notizie di trafficanti
che andavano ad assaltare alcune postazioni della polizia dove erano tenuti dei profughi
- arrestati dalla polizia stessa - che tentavano di attraversare il confine con Israele.
Questi venivano presi dai trafficanti per essere poi portati in questi container o,
in certi casi, in strutture sotterranee.
D. - La Comunità Internazionale
come potrebbe e dovrebbe muoversi per cercare di risolvere questo dramma?
R.
- Deve soprattutto convincere l’Egitto ed Israele che sarebbe nel loro interesse avere
il controllo totale di quell’area grigia che, in questo momento, è diventata una terra
franca, dove questi trafficanti sequestrano e vendono gli esseri umani come fossero
oggetti. Questa fetta di terra del Sinai è diventata un po’ come il Far West.
D.
- Molti osservatori affermano poi che il deserto del Sinai, dopo la rivoluzione egiziana,
è diventato un rifugio per i combattenti di Al Qaeda ed anche di Hamas…
R.
- Non ho nessuno riscontro per affermare o negare quest’osservazione. Lì, però, ci
può essere di tutto, anche gruppi estremisti di Al Qaeda o di altro genere. Non ho
elementi certi per affermare quali gruppi siano davvero presenti. Certamente vi sono
gruppi armati.
D. - Chi sono questi ostaggi?
R. - Ci sono
eritrei, etiopi, e di recente mi hanno informato di un gruppo di sudanesi del Darfur
rapiti e trattenuti nel Sinai. Viene chiesto loro di pagare fino a 35 mila dollari
a persona per essere liberati.
D. - Quali sono le testimonianze che
ha potuto raccogliere, dal momento che è in contatto con alcune delle persone rapite?
R.
- Dal Sinai qualcuno mi contatta per chiedere aiuto, e quindi queste persone mi raccontano
in che condizioni vengono tenute. Vengono incatenate, subiscono continue percosse
ed anche torture. Altri gruppi, qualche settimana fa, ci hanno raccontato di scariche
elettriche ed abbiamo notizie di più sei persone che recentemente sono state uccise
sotto tortura.
D. - Quali sono le azioni che l’Agenzia Habesha cerca
di svolgere?
R. - L’unica cosa che possiamo fare è essere la voce di
queste persone che sono sempre senza voce. Raccontare il loro dramma alla Comunità
Internazionale, perché le istituzioni ed i governi si muovano per chiedere allo Stato
egiziano e ad Israele di intervenire per liberarli ed arrestare i trafficanti. Raccontare
la loro vicenda affinché si fermi questo assurdo mercato di esseri umani in quella
zona. (vv)