Rapporto Ocse: la fine della crisi economica mondiale è ancora lontana
L’uscita dalla crisi economica mondiale è ancora lontana. È quanto dicono i nuovi
dati, diffusi oggi dell’Ocse, che segnalano una ripresa quasi ferma in diversi contesti
internazionali ed una crescita che rallenta anche nelle cosiddette economie emergenti.
Salvatore Sabatino ne ha parlato con l’economista, Francesco Carlà:
R. – Sono
dati abbastanza prevedibili e anche previsti perché è chiaro che se due grandi mercati
come quello europeo e come quello americano tendono a rallentare, proiettano un calo
della crescita, i Paesi emergenti - che sono le grandi macchine produttive (sia dei
prodotti finiti che di commodities energetiche e altro) per questi due grandi mercati
- non possono che pensare a rallentare la crescita e anche la produzione di stock,
perché è di questo anche che si tratta: cioè, devono per forza calare la produzione
in previsione di una domanda in calo da parte dell’Europa e degli Stati Uniti.
D.
– Qualcuno però già parla della responsabilità degli Stati, di una risposta inadeguata,
insomma, nei confronti della crisi …
R. – Il problema è che queste cose
purtroppo non si riescono a fare con i tempi della politica - questo è ampiamente
dimostrato dall’ultimo biennio, oppure dai fatti del 2008 della Lehman Brothers in
poi - perché la politica ha avuto tempo per immaginare misure più giuste; purtroppo
ha tardato a farle, questo anche dopo i segnali della Grecia che erano evidenti e
che quindi proiettavano già le esigenze che poi sarebbero state necessarie per gli
altri Paesi in difficoltà, con debiti sovrani… Purtroppo le cose non sono state fatte
e adesso la situazione non è positiva, evidentemente.
D. – Le economie
emergenti che erano quelle che tiravano ultimamente stanno subendo dunque il contraccolpo
della crisi americana ed europea ma quali conseguenze ci saranno su questi Paesi?
R.
- Le conseguenze su questi Paesi sono che il tempo con il quale avrebbero potuto creare
quella capacità di consumi interni in grado di equilibrare le esportazioni - che per
loro sono ancora la prevalente forza trainante - non c’è stato e quindi è possibile
che le loro crescite al 7, 8, 9 per cento diventino solo un ricordo nei prossimi mesi
e calino fino a livelli molto più bassi come potrebbero essere il 3, 4 per cento …
D.
– Si può prevedere un rispostamento dell’asse economico internazionale verso l’Europa
e gli Stati Uniti, secondo lei?
R. – Dipende da che punto di vista.
Da un punto di vista dei prodotti interni lordi di queste aree, io non credo, perché
lo schema rimarrà sempre lo stesso: cioè, le macchine produttive dei prodotti finiti
e la parte energetica rimarrà all’interno di questi Paesi - il famoso BRIC come lo
chiamava Goldman Sachs, cioè Brasile, India, Cina e Russia -, mentre l’Europa continuerà
a dibattersi nei suoi problemi politici, finanziari e quindi anche economici e gli
Stati Uniti, con le loro politiche monetarie, continueranno a cercare di drenare il
più possibile le bolle dei debiti che sono esplose nel 2008 con la faccenda Lehman
Brothers. In più avremo il quarto asse dei problemi globali che è quello del mondo
arabo che dopo la “primavera” della fine dei tiranni in Egitto, Tunisia, Libia e Yemen
e con gli altri problemi degli altri Paesi arabi, vedremo se saranno in grado di imboccare
una via democratica e vedremo anche cosa significherà questo dal punto di vista dei
loro sviluppi economici. (bf)