La lenta transizione dello Zimbabwe verso la democrazia. Intervista con Massimo Alberizzi
Nello Zimbabwe, Paese politicamente diviso e attraversato negli ultimi anni da una
forte crisi economica, il 2012 dovrebbe essere un anno elettorale, con il voto presidenziale.
Restano tuttavia ancora incerte sia la data che le regole con le quali si svolgeranno
le consultazioni. Davide Maggiore ha chiesto a Massimo Alberizzi, corrispondente
dall’ Africa per il Corriere della Sera, di tracciare un quadro delle condizioni del
Paese:
R. – La situazione
è di una divisione del potere tra il vecchio Robert Mugabe, presidente al potere dal
1980, e Morgan Tsvangirai, che è il capo dell’opposizione del Movimento per il cambiamento
democratico. Però, è un “power sharing” deciso dopo le ultime elezioni fraudolente
in cui Robert Mugabe era risultato vincitore. Ci sono state delle mediazioni, soprattutto
da parte del Sudafrica, e quindi Mugabe ha accettato in qualche modo di avere un primo
ministro in opposizione al suo potere. Si sarebbe dovuta varare una nuova Costituzione
che avrebbe previsto i partiti politici, come si sarebbero dovute svolgere le elezioni…
in realtà, a questo non si è arrivati.
D. – Dal 2008, il presidente
Mugabe condivide il potere con l’opposizione. Chi si è rafforzato di più, in questi
anni?
R. – Formalmente, lo condivide. Certo, si è indebolito rispetto
agli anni precedenti, quando aveva un potere assoluto. Però, non ha concesso molto
di quello che veniva richiesto dall’opposizione. Ci sono giornali liberi, ma sono
stati chiusi a singhiozzo. Morgan Tsvangirai fa il primo ministro senza grande potere
– almeno ufficialmente. Se poi in qualche modo ha rafforzato la sua posizione e riesce
ad imporre elezioni nel 2012, in questo momento non appare un’ipotesi reale. Finora,
non è riuscito ad imporre nemmeno la Costituzione…
D. – Le ultime elezioni
sono state segnate da disordini e da accuse di brogli. E’ possibile che questo scenario
si ripeta?
R. – E’ possibilissimo. Mugabe ha tutti i suoi uomini nei
gangli del potere. Poi, arrivare a indire le elezioni… Io dubito che, anche se dovesse
perdere, lui se ne andrebbe dal potere. Intorno a lui, poi, ci sono vari clan che
lo sostengono, che vengono "foraggiati" in continuazione. Quindi, non è solo lui,
che è lì, da solo.
D. – Anche l’economia preoccupa: si teme un ritorno
dell’iper-inflazione che inciderebbe sulla vita delle popolazioni…
R.
– Devo dire che l’economia è stata migliorata, rispetto a prima, nel senso che si
è stabilizzata. E’ stata distrutta e più giù di così forse non può andare. L’agricoltura,
che era florida, è comunque distrutta: era un Paese floridissimo, autosufficiente,
non aveva necessità di importare cibo… Devo dire che si è stabilizzata, ma il potere
di acquisto dei salari è molto basso.
D. – Condizioni simili in altri
Paesi dell’Africa, come Senegal e Malawi, hanno portato a proteste di piazza e a parziali
passi indietro dei governi. Potrebbe accadere anche in Zimbabwe?
R.
– Le manifestazioni di piazza ci sono state negli anni scorsi, e anche molto forti,
perché il Movimento per il cambiamento democratico è comunque fortissimo e molto più
popolare di quanto non sia lo "Zanu-Pf" di Mugabe stesso. Non credo che lui potrebbe
evitare di usare le armi. Il problema è che sia l’esercito sia la polizia sono nelle
sue mani, condividendo con lui il potere. In realtà, non è tanto Morgan Tsvangirai
che condivide il potere con Mugabe, quanto l’esercito e la polizia. (gf)