Ancora violenze in Siria. L'Ue: blocco delle importazioni di petrolio
Tesa la situazione pure in Siria. Ieri, primo venerdì di preghiera dalla fine del
Ramadan, ancora scontri tra manifestanti anti-governativi ed esercito: almeno una
ventina le vittime. Una repressione, quella messa in atto dal presidente Assad, che
ha scatenato la dura reazione della comunità internazionale, decisa ad imporre sanzioni
sempre più incisive. Come accaduto ieri in ambito europeo. Marina Calculli:
Da una parte
l’embargo europeo nei confronti della Siria, come abbiamo sentito, con forti sanzioni
che colpiranno le esportazioni di petrolio e di gas; dall’altra la decisione dell’UE
di svincolare in favore della nuova leadership libica i beni sequestrati al regime
di Gheddafi per un ammontare di 15 miliardi di dollari. Sull’attuale geopolitica euro-mediterranea,
Stefano Leszczynski ha intervistato Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali
all’Università di Firenze:
R. - L’intervento
in Libia è stato compiuto non soltanto per volontà di alcune potenze regionali - in
particolare, evidentemente, la Francia - ma anche perché questo intervento era oggettivamente
possibile: un eventuale intervento in Siria sarebbe estremamente più difficoltoso
semplicemente perché non vi sono le condizioni. Vero è che la Siria, al contrario
della Libia, non presenta - diciamo così - un piatto altrettanto ricco, anzi nemmeno
comparabile dal punto di vista delle risorse e in particolare quelle petrolifere o
di gas naturale.
D. - Se la Siria non è così importante da un punto
di vista energetico, che senso ha imporre delle sanzioni negli ambiti petroliferi
e dell’esportazione di gas?
R. - Si sta cercando - da parte sia dei
Paesi dell’Unione Europea che, soprattutto, degli Stati Uniti - comunque di esercitare
una pressione. Evidentemente stiamo parlando di un Paese che ha, da questo punto di
vista, risorse assai più limitate, ma che ha una straordinaria importanza geopolitica,
perché finisce con l’essere la chiave di volta per tutta una serie di equilibri regionali,
che sarebbero comunque sconvolti se si arrivasse ad un “regime change” in Siria interno
o indotto da eventuale intervento esterno.
D. - Il caso del Mediterraneo,
il cinismo espresso anche da molte Cancellerie per quanto riguarda le risorse delle
zone in cui si va ad intervenire militarmente non viene neppure nascosto. Questo come
si giustifica da un punto di vista di etica internazionale?
R. - Non
si giustifica affatto! Si è utilizzato all’eccesso il tema della tutela dei diritti
dell’uomo, non rendendosi conto di cadere nel paradossale e nel grottesco applicando
questo concetto alla Libia e, appunto, non applicandolo - chissà perché? - ad altri
casi ben più clamorosi. Si è cercato di nascondere la presenza di interessi ben più
concreti di politica estera di alcune potenze regionali. La guerra è stata etichettata
addirittura come “non guerra” e si è continuato a giustificarla in una maniera che
davvero - mi pare - poco accettabile.
D. - Adesso in sostanza la corsa
alle risorse libiche potrebbe anche provocare delle fratture all’interno dell’Unione
Europea?
R. - Forse tra alcuni di questi Stati membri: fratture che
erano, peraltro, già evidenti e che potrebbero essere in parte esacerbate. (mg)