Sud Sudan: dopo l'indipendenza, violenti scontri tra le tribù
Superare il tribalismo per portare stabilità e pace in Sud Sudan. Questo l’appello
dell’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lokudu Loro, quando nel nuovo Stato - indipendente
da Khartoum dal 9 luglio - sono riprese le razzie di bestiame tra le diverse popolazioni
del Paese, soprattutto tra le tribù Murle e Lou Nuer. Lo riferisce l’Agenzia Fides.
Ad aggravare la situazione, anche le accuse - giunte fino all’Onu - del Sudan alle
autorità del Sud. Secondo Khartoum, Juba provocherebbe “instabilità”, “offrendo sostegno
ai gruppi ribelli nello Stato del Kordofan Meridionale”. Secca la smentita del Sud
Sudan. Su queste crisi, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente a Juba
il missionario comboniano José Vieira, direttore dell’informazione della rete
delle radio cattoliche del Sudan:
R. – L’appello
dell’arcivescovo di Juba, mons. Paulino Lukudu Loro, è arrivato al riaccendersi di
alcune tensioni nel Sud Sudan. Infatti, dopo l’indipendenza abbiamo avuto un mese
- per così dire - di “luna di miele”: c’era la pace, c’era la tranquillità in tutto
il Paese. Ma poi, una o due settimane fa, nello Jonglei State, al confine con l’Etiopia,
fra due tribù - la tribù Lou Nuer e quella Murle - si sono riaccese delle tensioni.
I Murle hanno attaccato i Lou Nuer: hanno ucciso più di 600 persone, ne hanno ferite
circa un migliaio ed hanno portato via il bestiame dei Lou Nuer. Inoltre un po’ più
al Nord - in Unity e in Upper Nile State - si sono riaccesi anche gli scontri tra
lo Spla, che è l’esercito del Sud Sudan, e i “signori della guerra”: circa una cinquantina
di persone sono state uccise a seguito di questi nuovi scontri. Anche qui a Juba ci
sono persone che spariscono, persone che muoiono nella notte: non si sa bene chi attacchi
chi. Insomma, c’è molta insicurezza e ci sono morti.
D. – Perché ancora
oggi ci sono queste tensioni tra tribù diverse e tra la popolazione locale?
R.
– Questo è un vecchio problema del Sud Sudan: i popoli che possiedono il bestiame
sono sempre in tensione fra di loro. E’ un problema culturale, un problema sociale:
una comunità attacca l’altra e la comunità che è stata attaccata organizza la vendetta.
D.
– In questi giorni, in sede Onu, ci sono state polemiche tra Sudan e Sud Sudan: Kharthoum
accusa Juba di dare sostegno ai gruppi ribelli nel Sud Kordofan…
R.
– Una parte dell’esercito del Sud Sudan – lo Spla – era composta da persone del Nord
del Sudan, quindi del Sud Kordofan e del Blue Nile: tendenzialmente queste persone
hanno deciso di rimanere nel Nord del Sudan e hanno anche deciso di mantenere il nome
di Spla – Sudan People's Liberation Army. Adesso Khartoum accusa
Juba di essere dietro queste persone che, nel Sud Kordofan, fanno la guerra al Nord.
Il governo del Sud Sudan ha però rigettato queste accuse, dicendo che non è assolutamente
vero che lo Spla del Sud Sudan sia dietro allo Spla del Nord del Sudan. La realtà
è che in Sud Kordofan c’è molta violenza e il governo del Nord continua a bombardare.
Proprio in questi giorni "Human Rights Watch" ed Amensty International hanno pubblicato
un rapporto per denunciare la situazione: nelle ultime settimane un team di osservatori
di queste due organizzazioni in difesa dei diritti umani si è recato nel Sud Kordofan
State ed ha testimoniato e confermato attacchi della forza area di Karthoum contro
i civili in Nuba Mountain e in Sud Kordofan.
D. – Come è impegnata ora
la Chiesa del Sud Sudan per la popolazione?
R. – La Chiesa in Sud Sudan
prosegue nei programmi di aiuto, impegnandosi nelle scuole e in alcuni ospedali. In
seguito agli ultimi episodi, la Chiesa cattolica - insieme anche alle Chiese protestanti
- ha inviato rappresentanti presso le tribù Murle e Lou Nuer per tentare una
mediazione che porti alla pace e alla riconciliazione. (mg)