2011-08-30 14:52:29

Intenzione missionaria di Benedetto XVI: i cristiani dell’Asia annuncino il Vangelo con gioia


“Perché le comunità cristiane sparse nel continente asiatico proclamino il Vangelo con fervore, testimoniandone la bellezza con la gioia della fede”: è questa l’intenzione di preghiera missionaria di Benedetto XVI per il mese di settembre. Il Papa si sofferma dunque sull’importanza dell’evangelizzazione nel continente asiatico. Su questa intenzione di preghiera, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di padre Alberto Caccaro, missionario del Pime da dieci anni in Cambogia:RealAudioMP3

R. - In Asia il cristianesimo è una minoranza e le comunità sono spesso molto sparpagliate, sono piccole e numericamente insignificanti rispetto alla grande maggioranza - nel caso della Cambogia - di credenti buddisti. Però, non ho mai considerato il numero un problema. La mia esperienza in Cambogia - e penso che questo sia simile anche in altri contesti asiatici - dice in fondo che la fede non ha bisogno dei numeri, ma ha bisogno di persone credenti. Ci sono comunità sparse, ci sono comunità di minoranza, ma questo non vuol dire che siano comunità deboli, anzi: la fede non ha bisogno dei numeri, la fede ha bisogno di cuori credenti e quindi di persone che ricerchino costantemente il Signore.

D. - Il Papa invita i fedeli a testimoniare la bellezza del Vangelo con gioia: si può dire che questo della gioia, una gioia che viene dal cuore, è un segno distintivo dei cristiani dell’Asia?

R. - Le comunità che ho conosciuto in Asia sono sempre state comunità vivaci, dove la gioia non è stata mai scontata, ma è sempre stata il frutto e l’esito di un cammino prolungato nel tempo. Non dobbiamo immaginare la gioia come l’accadere di un automatismo: è un frutto maturo della fede. Per cui, prima ancora della gioia, secondo me deve accadere la capacità di percepire il reale fino in fondo. La fede porterà la gioia alla fine soltanto se diventerà prima un approccio alla realtà tutta intera. Ho sempre visto comunità che, piano piano, illuminate dalla fede, riscoprivano la gioia di essere credenti, proprio perché comprendevano molto di più se stessi e la realtà che li circondava. Riuscivano a intuire anche la gravità dei problemi attorno a loro e a sperare in possibili soluzioni, senza rimandare e senza delegare, ma senza nemmeno sognare soluzioni facili a problemi difficili.

D. - Lei è da dieci anni in Cambogia: cosa vuol dire concretamente, nella sua esperienza, l'evangelizzazione nella quotidianità?

R. - Io ho intuito come nella mia esperienza in Cambogia evangelizzare significhi celebrare l’essere umano: mettere ciascuna persona nella condizione di scoprirsi, di amarsi e quindi di saper amare. Io mi sono impegnato nella scuola, nella salute. Sono stati i primi due ambiti nei quali mi sono impegnato e, non a caso, sono anche gli ambiti in cui la Chiesa è molto impegnata in Cambogia: attenzione ai malati e attenzione all’educazione, perché sono entrambi due possibilità di celebrare l’umano, di esaltare l’umano in tutte le sue forme. (mg)







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