Giornata contro i test nucleari. Simoncelli: il disarmo atomico non c'è
Si celebra domani la Giornata mondiale contro i test nucleari, promossa dalle Nazioni
Unite nel 2009. Sulle problematiche e le tensioni internazionali che lo sviluppo del
nucleare bellico provoca a livello internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato
Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo e docente di geopolitica dei conflitti
presso l’Università Roma Tre:
R. – In primo
luogo è importante perché le nubi all’orizzonte, in campo nucleare, ci sono; sappiamo
la questione del nucleare della Corea del Nord e la questione del nucleare dell’Iran:
due grossi problemi irrisolti. C’è la questione del non-disarmo da parte delle potenze
nucleari, quali Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna che, nonostante
il Trattato di non proliferazione nucleare che prevede - anche da Paesi armati nuclearmente
- un progressivo disarmo: questo, in realtà, non è avvenuto. Sì, hanno diminuito una
parte dei loro arsenali nucleari, ma rimangono circa 10 mila testate nucleari a disposizione,
per lo più delle due superpotenze, statunitense e russa. E rimane poi la questione
principale, che è quella dei test nucleari. Nel momento in cui un Paese rinuncia a
fare i test nucleari, vuol dire che si impegna concretamente a non perseguire più
questa strada. E ad oggi, invece, questo non risulta.
D. – Tutto questo,
cosa comporta anche da un punto di vista ambientale?
R. – Ovviamente,
un test nucleare svolto nell’atmosfera o sul fondo marino, e così via, crea degli
enormi problemi dal punto di vista ambientale. Per fortuna, nel corso degli anni,
questi sono stati progressivamente eliminati: non si fanno più test nell’atmosfera.
Ricordiamo i test che si facevano nell’Oceano Pacifico, come l’atollo di Muroroa con
enormi danni nei confronti della popolazione e dell’ambiente. Ma una cosa è una scelta
unilaterale da parte dei Paesi, di non fare più i test, altra cosa è invece un divieto
internazionale che blocchi, una volta per tutte, questo passaggio.
D.
– Tuttavia, se questo è l’ideale, lo scopo, l’obiettivo che bisogna raggiungere –
quello dell’abolizione della produzione nucleare a scopi bellici – come fare fronte
ai cosiddetti “Stati canaglia”?
R. – In primo luogo, non dando loro
aiuto, non dare loro tecnologia né consulenza, non fornire loro materiali … si possono
prendere una serie di provvedimenti a livello internazionale, ma poi, come si fa a
dire all’Iran – per fare un esempio che conosciamo – che non deve prodursi l’arma
nucleare, e gli altri Paesi invece possono averla? Questa iniziativa, questa Giornata
mondiale vuole essere una spinta, una pressione su questi governi affinché si muovano,
finalmente, a dare una risposta concreta rispetto ad un problema che l’opinione pubblica
spesso sente lontano se non quando questa minaccia si concretizza, come è successo
con l’incidente di Fukushima o magari se avviene che qualche gruppo di terroristi
rischia di dotarsi di una bomba nucleare più o meno sporca, più o meno potente … L’attenzione
dell’opinione pubblica e dei mass media, è un po’ intermittente su questo argomento,
e la Giornata ha proprio questa finalità: far presente che c’è un grosso problema
da affrontare e da risolvere e che non può essere rinviato alle calende greche … (gf)