Pakistan. Paul Bhatti: diritti uguali per musulmani e cristiani, no alle discriminazioni
“Il cristianesimo non è mai stato un fatto privato. La comunità cristiana ha il dovere
di educare le persone alla costruzione del bene comune”. Così il presidente della
Regione Lombardia Roberto Formigoni nell’introdurre il tema “Cristiani in politica”
di cui si è parlato ieri al Meeting di Rimini. Ospiti di livello internazionale hanno
raccontato la propria esperienza: Philip Blond, collaboratore di David Cameron, ha
spiegato le difficoltà in Inghilterra di fare politica da cristiani a causa dei pregiudizi
verso coloro che manifestano pubblicamente la loro fede. Anche Joseph Daul, presidente
del gruppo Ppe al Parlamento europeo, ha ribadito l’importanza di difendere i valori
cristiani da chi vuole emarginarli dalla scena pubblica. Acclamatissimo Paul Jacob
Bhatti, consigliere del primo ministro del Pakistan per le minoranze religiose che
ha parlato delle difficoltà che devono affrontare nel suo Paese i cristiani e le altre
comunità religiose non musulmane. Ma cosa è cambiato in Pakistan in materia di tutela
dei diritti umani dopo l'uccisione, nel marzo scorso da parte di estremisti islamici,
di suo fratello Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze? Antonella Palermo
lo ha chiesto allo stesso Paul Bhatti:
R. – La gente
ha perso una guida: tantissime persone, pur non avendone bisogno, si sentivano protette
perché lui era presente in tutte le sofferenze dei cristiani o delle minoranze in
genere. Avendo perso un leader così, le minoranze si sono sentite senza guida, orfane.
A questo si è aggiunto il pensiero che se non si riesce a garantire la sicurezza ad
una persona di questo livello, tanto meno potrà essere garantita la sicurezza alla
gente del popolo. Il punto positivo è stato che la gente – i musulmani e anche la
Comunità internazionale – ha cominciato a capire quale sia il problema reale e a rendersi
conto che non si può continuare così e questo crea una certa rivoluzione e uno spirito
di solidarietà …
D. – Lei teme che i venti della Primavera araba porteranno
ad un rafforzamento del fondamentalismo islamico con pericolose ricadute sulle minoranze
religiose, in particolare sui cristiani?
R. – Questo potrebbe succedere,
perché finché non ci sarà un dialogo interreligioso, non ci sarà rispetto comune per
tutte le religioni, queste cose potranno succedere e i cristiani, che sono i più deboli,
potranno subirne delle conseguenze.
D. – Dove in particolare?
R.
– Può succedere nei Paesi arabi, dove i cristiani sono in minoranza, ma anche nei
nostri Paesi: in Pakistan, per esempio, dove le minoranze sono composte da cristiani,
indù, buddisti … Potrebbe succedere, perché gli estremisti, i fondamentalisti, potrebbero
prendere coraggio dalla Primavera araba e prendere spunto da essa ...
D.
– Lei ha detto: “Noi siamo una minoranza religiosa, ma non accettiamo di non essere
una minoranza politica!” …
R. – Sì, certo.
D. – In che
senso?
R. – Nel senso che non ci dovrebbe essere discriminazione se
uno è cattolico, piuttosto che protestante o musulmano: dovrebbe esserci una legge
uguale per tutti. La nostra fede religiosa, poi, è una scelta personale: non dovrebbe
essere applicata dallo Stato una legge che discrimina i cristiani rispetto ai musulmani.
(ma)