Nigeria. Attentato alla sede dell’Onu di Abuja: una ventina i morti
Un attentato che è costato la vita ad almeno 18 persone, ma il bilancio di vittime
e feriti è ancora provvisorio, ha colpito oggi la sede delle Nazioni Unite di Abuja,
capitale della Nigeria, dove lavorano circa 400 dipendenti di diverse agenzie, tra
cui l’Unicef e l’Oms. La notizia è stata già confermata dall’Onu a Ginevra. Ce ne
parla Roberta Barbi:
Una fortissima
esplosione causata, secondo le prime ricostruzioni delle Forze di sicurezza, dall’impatto
di un’autobomba contro uno degli ingressi principali dell’edificio, ha distrutto oggi
parte della sede delle Nazioni Unite di Abuja, capitale della Nigeria. Lo ha confermato
un portavoce dell’Onu da Ginevra. Sul posto sono ancora al lavoro i soccorritori e
alcuni testimoni oculari riferiscono di diversi corpi senza vita trasportati fuori
dallo stabile, del quale pare sia crollata un’intera ala. In particolare, non ci sarebbe
stato scampo per coloro che al momento della deflagrazione si trovavano nel seminterrato:
almeno cinque persone, stando a quanto riferito da un dipendente Onu sopravvissuto.
È il secondo attentato che colpisce in pochi mesi una zona-simbolo della capitale
nigeriana, dopo la bomba esplosa nel giugno scorso all'interno del parcheggio del
quartier generale della polizia locale. L’attentato, che allora provocò 10 morti,
fu rivendicato dal Boko Haram, gruppo terrorista di matrice islamica che si batte
per estendere la sharia in tutta la Nigeria. Al momento non si registra alcuna
rivendicazione per l’attentato, ma la pista dell’estremismo islamico, attivo in Nigeria
anche con il gruppo Aqim (al Qaeda per il Maghreb islamico) appare agli inquirenti
quella più probabile.
Iraq Iraq sempre senza pace: 15 persone
sono morte e centinaia sono rimaste ferite ieri in diversi attentati nel Paese. Tra
le vittime, anche diversi poliziotti. Nella notte, inoltre, tre razzi sono stati lanciati
da ignoti verso il Kuwait, senza fortunatamente causare vittime.
Immigrazione L’evoluzione
della crisi Libica si riflette sull’immigrazione. Da ieri, l’Organizzazione internazionale
per le migrazioni (Oim) ha iniziato a evacuare i migranti intenzionati a lasciare
Tripoli, mentre l’ambasciatore libico in Italia ha rivelato che “Gheddafi intendeva
trasformare Lampedusa in un inferno”. Intanto, il ministro degli Interni italiano,
Roberto Maroni, ha reso noto che sono stati rimpatriate 13 mila persone, su oltre
57 mila clandestini giunti dall’inizio del 2011, e che per la fine dell’anno si arriverà
a 30 mila espulsioni.
Messico Almeno 53 persone sono morte nell’incendio
scoppiato all’interno del casinò Royale di Monterrey, in Messico. Le fiamme sono divampate
dopo un attacco condotto a colpi di granata da parte di un gruppo di criminali. Secondo
la stampa locale, l’episodio è riconducibile alle tangenti non pagate alle organizzazioni
legate al traffico di droga.
Uragani: "Irene" devasta i Caraibi La
tempesta "Irene" fa sempre più paura. L’uragano, che nei Caraibi ha causato 5 morti,
si è abbattuto sulle Bahamas, aumentando la propria forza. Migliaia di persone, intanto,
hanno iniziato ad evacuare la costa Est degli Stati Uniti, dove il ciclone è atteso
per domani. Allerta anche per New York : la città, ha detto il sindaco Michael Bloomberg,
“spera per il meglio, ma si prepara per il peggio”. I governatori di Virginia e New
Jersey hanno dichiarato lo stato d’emergenza, mentre a Washington è stata rinviata
l'inaugurazione del monumento a Martin Luther King, in programma per domenica.
Abkhazia Elezioni
presidenziali in corso oggi nella regione georgiana secessionista dell’Abkhazia, in
seguito alla morte lo scorso maggio del presidente, Sergei Bagapsh, al potere dal
2005. Tblisi, che non riconosce l’autorità di Sukhumi, ha giudicato illegittimo il
voto, convocato nel terzo anniversario del riconoscimento dell'indipendenza abkhaza
da parte di Mosca, dopo la guerra russo-georgiana dell’estate 2008. Tre i candidati
in lizza, tutti filorussi: il vicepresidente, Aleksandr Ankvab, il premier, Serghiei
Shamba, e il leader del partito di opposizione "Forum dell'Unità del popolo", Raul
Khadjimba. Ma qual è lo status politico dell’Abkhazia oggi? Risponde Aldo Ferrari,
docente di Storia del Caucaso all’Università di Venezia, intervistato da Giada
Aquilino:
R. – E’ simile
a quello di altre entità secessioniste del Caucaso meridionale – l’Ossezia meridionale
e l’Alto Karabakh – che nel corso degli anni Novanta e in seguito alla dissoluzione
dell’Urss si sono sostanzialmente distaccati con la forza delle armi, rispettivamente
da Georgia e Azerbaijan, per tentare diverse forme d’indipendenza nazionale che la
comunità internazionale non ha mai riconosciuto. Si tratta dei cosiddetti “conflitti
congelati”, che hanno visto la vittoria delle forze locali ai danni degli Stati centrali,
ma che, in sostanza, rimangono ancora irrisolti. Non sono però del tutto congelati,
perché se pensiamo a quello che è successo nell’agosto del 2008 con l’Ossezia meridionale
e con l’Abkhazia – una vera e propria guerra tra Russia e Georgia – il problema è
tutt’altro che risolto.
D. – Queste elezioni potrebbero aggravare l’annosa
crisi in atto con Tbilisi?
R. – E’ una situazione che, in sostanza,
non ha possibilità di sbocco politico immediato. Chiaramente, Tbilisi non riconosce
la legittimità di quest’entità politica, ma è una storia vecchia di vent’anni. Rifiuta
queste elezioni: gli abhkazi lo sanno bene e lo sa bene anche la comunità internazionale,
come pure la Russia. Si va avanti. Sicuramente non è un dato che porterà a cambiamenti
sconvolgenti nella regione.
D. – E allora come potrebbero cambiare gli
equilibri nella zona?
R. – In 20 anni, non si sono trovati gli strumenti
diplomatici e politici. Un reale miglioramento potrebbe aversi soltanto quando il
Caucaso meridionale cesserà di essere il luogo dello scontro di potenze esterne –
in particolare Russia e Stati Uniti – che sfruttano le rivalità locali, i conflitti
etnico-territoriali locali per fare pressione. Si tratta però di dinamiche estremamente
complesse, proprio perché alle problematiche locali – che esistono ma che non sono
così antiche ed irreversibili come talvolta vengono presentate – si sommano queste
rivalità geopolitiche e geoeconomiche, alle quali partecipa indirettamente anche l’Unione
Europea e che fanno detonare i problemi locali.
D. – In Abkhazia ci
sono degli interessi strategici ed economici particolari?
R. – L’Abkhazia
è un Paese ricco di acqua, di straordinaria bellezza paesaggistica. In epoca sovietica,
era una delle spiagge preferite dell’alta società sovietica e avrebbe ottime opportunità
di nuovo sviluppo turistico. Ma non c’è gas, non c’è petrolio, non è un luogo di transito
particolare. Il conflitto, quindi, non dipende assolutamente da ragioni economiche,
ma piuttosto da questi conflitti etnico-territoriali che sono una conseguenza remota
della politica sovietica delle nazionalità degli anni Venti, innestata poi con le
rivalità geo-politiche odierne.
D. – Al di là dell’influenza russa,
si può parlare anche di nuovi rapporti con una Turchia in ascesa?
R.
– La Turchia è molto presente e la sua importanza è crescente in tutta l’area del
Caucaso meridionale. In Turchia esiste inoltre una comunità abkhaza abbastanza numerosa
– e questo è un aspetto generalmente poco noto – che deriva dalla migrazione più o
meno forzata degli abkhazi dopo la conquista russa della regione. La Russia – che
ora protegge gli abkhazi - fu, con la sua invasione del Caucaso meridionale nell’Ottocento,
la causa che spinse molti abkhazi ad emigrare verso l’impero ottomano; per questo
ora ci sono abkhazi in Turchia. Da tale punto di vista, i rapporti tra turchi ed abkhazi
sono interessanti ma non ancora particolarmente decisivi, almeno dal punto di vista
politico. Attualmente il principale referente – se non l’unico – è la Federazione
russa. (vv)
Giappone, dimissioni premier Il primo ministro giapponese,
Naoto Kan, si è dimesso dalla carica di presidente del Partito democratico al governo.
Seguiranno le elezioni interne al partito per il nuovo presidente, che automaticamente
diverrà anche premier. Per la rinuncia, già annunciata nei mesi scorsi, il primo ministro
ha atteso che la Dieta, la camera bassa del Parlamento nipponico, approvasse due disegni
di legge da lui stesso proposti per avviare la ricostruzione nel nordest del Paese,
dopo il terremoto e il conseguente tsunami dell’11 marzo scorso.
Danimarca,
elezioni anticipate Il primo ministro danese, Lars Loekke Rasmussen, ha indetto
le elezioni anticipate annunciando che si terranno il prossimo 15 settembre. La decisione
è stata presa in seguito alla rottura dei negoziati sui piani per superare a crisi
con il Partito del Popolo danese (estrema destra), che per 10 anni ha offerto il proprio
sostegno al governo di minoranza composto da liberali e conservatori. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale
della Radio Vaticana Anno LV no. 238