Mostre al Meeting di Rimini: la vita degli Apostoli, Pasternak e l'atomo
L’unico modo per accedere al vero Gesù è prendere sul serio la testimonianza dei Vangeli.
E’ il presupposto che ha guidato l’allestimento della mostra “Con gli occhi degli
apostoli. Una presenza che travolge la vita”, ospitata al Meeting di Comunione e Liberazione
in corso a Rimini. I visitatori qui compiono un viaggio virtuale nel villaggio di
Cafarnao, entrando nella vita sociale e religiosa del tempo di Gesù. Invitato a presentare
l’esposizione, il custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha
offerto una preziosa testimonianza personale, spiegando le ragioni che spingono un
cristiano a restare nei luoghi sofferenti del Medio Oriente. L’intervista è della
nostra inviata a Rimini Antonella Palermo:
R. - Il senso
è anzitutto quello di mostrare - per quanto questo sia possibile, perché l’esperienza
non la si può mostrare - è far vedere come la vita degli Apostoli sia stata sconvolta,
lì a Cafarnao, da un semplice incontro quotidiano con un uomo straordinario e che
quell’incontro dentro alla quotidianità, del loro vivere a Cafarnao, di pescatori,
addetti alle imposte e così via - questa loro quotidianità è stata sconvolta e da
quel momento questi apostoli sono cambiati: poco alla volta è cambiata anche la vita
del villaggio, della città, si è costituita la Chiesa…. Tutto ha avuto inizio con
l’incontro con quella persona straordinaria nella vita ordinaria della gente.
D.
- Come a dire che la fede passa attraverso l’esperienza umana...
R.
- La fede, prima ancora che un deposito, è un incontro; la fede è una relazione: come
quell’incontro e quella relazione hanno sconvolto gli apostoli nella loro vita normale
e ordinaria, ancora oggi Cafarnao manda un messaggio e ci dice che la fede - magari
quella che noi abbiamo ricevuto dai nostri genitori, dai nostri padri - ha comunque
bisogno di fare un passaggio e il passaggio è una esperienza personale.
D.
- E qui ci ricolleghiamo al tema del Meeting: esistenza e certezza…
R.
- Il tema del Meeting è il legame fra esistenza e certezza: Gesù è la certezza per
l’esistenza! Il legame con Cafarnao è - penso - immediato proprio per questo, perché
dentro a quella realtà è nata anche una certezza, legata all’esperienza dell’esistenza
degli Apostoli.
D. - La sua presenza in questi luoghi, padre Pizzaballa,
dove riesce a ritrovare ogni giorno la motivazione?
R. - Sono luoghi
- e parlo dei luoghi di Terra Santa e dei Luoghi Santi - affascinanti ed unici, che
richiamano continuamente alla memoria la concretezza della fede. Quindi la prima cosa
è la concretezza della fede che viene fuori. Però la forza della Terra Santa è anche
l’incontro con le persone: il luogo e la parola sono i due elementi che ti richiamano
alla memoria, alla tua esperienza - quella esperienza! - che, però la si deve confrontare
con le persone di oggi, con le pietre vive e non con le pietre antiche. Nel rapporto
e nelle relazioni con le pietre vive - con le persone - certifichi la tua esperienza:
la tua esperienza viene fuori nella sua verità.
D. - Oggi nella Chiesa,
secondo lei, c’è il rischio di un’eccessiva fede vissuta come spiritualismo disincarnato?
R.
- Io credo che ci sia sempre stato questo rischio: è inevitabile. Forse oggi siamo
- e parlo dell’Occidente, perché ogni Paese ha la sua storia - in una fase nuova:
fino a pochi anni fa la fede ti veniva quasi trasmessa in famiglia; oggi questa trasmissione
sta venendo meno, però rimane sempre la personalità dell’incontro personale. Parliamo
molto e forse parliamo troppo; abbiamo bisogno di più esperienza.
D.
- Questo senso anche di rileggere il pellegrinaggio cristiano…
R. -
Il pellegrinaggio ha questo scopo: se è il vero pellegrinaggio ti deve sconvolgere,
proprio perché ti deve toccare nelle domande più vere! (mg)
Boris Pasternak
poeta e traduttore, premio Nobel per la Letteratura nel 1958, lungo tutto il suo itinerario
esistenziale e artistico ha sviluppato un unico grande tema, la Vita. Da qui parte
l’idea della mostra a lui dedicata al Meeting di Rimini, dal titolo Mia sorella
la vita, tratto da una raccolta dell’artista russo. I visitatori si muovono tra
pannelli di testo, foto, momenti di recitazione e proiezioni che raccontano di un
simbolo per intere generazioni. Ma come intendeva la vita Pasternak? La nostra inviata
Gabriella Ceraso lo ha chiesto al curatore della mostra, Adriano dell’Asta,
direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca:
R. - Pasternak
intendeva la vita come realtà, eternità, immortalità. Il legame tra vita, eternità,
immortalità è tradizionale per una cultura cristiana, perché come diceva Dostoevskij:
“Se non esiste l’immortalità, che senso ha vivere?”.
D. - Per tante
generazioni gli scritti di Pasternak suonano come “lettere apostoliche”: cosa vuol
dire?
R. - I suoi versi erano letti nei campi di concentramento, da
noi detenuti, proprio come “lettere apostoliche” e recitati come preghiere: la grandezza
dell’arte di Pasternak era esattamente questa: l’arte era la possibilità di mantenere
un volto umano in un Paese e in una storia che l’uomo lo stava distruggendo…
D.
- Si può parlare di Pasternak come testimone della fede?
R. - Centrale
nel romanzo è esattamente il significato del cristianesimo come introduzione nella
storia di un unico, irripetibile particolare che diventa significato dell’universale.
Non so se allora si può chiamare testimone della fede o che altro, ma sicuramente
è un uomo che mostra come la grande arte sia in qualche misura una preghiera.
D.
- In che cosa consiste il fascino dell’opera di questo autore?
R. -
Pasternak mostra esattamente come in questo secolo di distruzione, di sostituzione
della realtà con le ideologie, sia possibile trovare invece dei punti fermi… (mg)
Energie
rinnovabili o nucleare, quale è il futuro dopo Fukushima? Se ne è parlato al Meeting
di Rimini in un convegno tra studiosi e il sottosegretario alla sviluppo economico,
Saglia. Al tema è anche dedicata una delle 9 mostre presenti alla Fiera, dal titolo“
Atomo: indivisibile? Domande e certezze nella scienza”. E’ la storia della scoperta
dell’atomo e della sua struttura nucleare, dai laboratori del “900 a quelli di oggi
e un’occasione anche per riflettere sui limiti della ricerca. Ma cosa significa raggiungere
una certezza in ambito scientifico? La nostra inviata a Rimini Gabriella Ceraso
ne ha parlato con Lucio Rossi, fisico al Cern di Ginevra, che ha presentato
la mostra:
R. – Raggiungere
una certezza in campo scientifico significa aver messo insieme tutta una serie di
elementi la cui unica spiegazione possibile converge verso un dato, un’ipotesi. In
generale la certezza non è qualcosa di così evidente, come in matematica. E’ un po’
come nella vita: alla fine tutto converge nel dire “dev’essere così”.
D.
– Cosa può dire, in questo senso, una mostra dedicata all’atomo qui, al Meeting?
R.
– Ci fa capire che ci sono delle cose che, in un certo senso, sappiamo con certezza.
Lo sappiamo che l’atomo è composto dal nucleo e dagli elettroni, e poi abbiamo scoperto
anche che il nucleo è a sua volta composto. Quindi, la certezza dell’atomo si è sbriciolata.
D’altro canto, che esso sia così è un punto di non ritorno. Il progresso della scienza
ci fa capire che queste certezze sono parziali, che vengono ricomprese in una certezza
ancora più grande e che sta sempre al di là.
D. – Questo significa che
noi non domineremo mai la realtà?
R. – La realtà ha una radice di inesauribilità.
Io, personalmente, trovo in questo il segno dell’infinito dentro il finito.
D.
– Dopo Fukushima le certezze sul nucleare sono crollate?
R. – No, sono
quelle di prima. Quella nucleare è una tecnologia difficile ed uno degli errori riguardo
le centrali sta nel fatto che gli Stati fanno tutto singolarmente. C’è bisogno di
alcune autorità sovranazionali e capaci. (vv)