Libia: liberati i 4 giornalisti italiani. Duri scontri a Sirte. La Nato: pieno sostegno
ai ribelli
In Libia sono stati liberati i 4 giornalisti italiani rapiti ieri sera in Libia. La
liberazione secondo le loro parole è avvenuto grazie ad un blitz organizzato da alcuni
ragazzi libici, lealisti. Intanto nel Paese si combatte ancora, nei pressi di Sirte,
ma gli insorti cercano soprattutto di trovare Gheddafi e i suoi figli. Dalla Nato
il pieno sostegno per ogni operazione di intelligence o ricognizione. Cecilia Seppia.
Il sequestro
ieri sera sulla strada che da Zawiyah arriva a Tripoli per mano di uomini armati che
prima hanno ucciso il loro autista poi li hanno picchiati, derubati, e rinchiusi in
un appartamento della capitale. Poco fa la liberazione, grazie a due ragazzi libici,
addirittura due lealisti, che dopo aver compreso la situazione hanno organizzato un
blitz. Elisabetta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere della Sera, Domenico Quirico
della Stampa e Claudio Monici di Avvenire sono sani e salvi e ora si trovano al sicuro
presto l’hotel Corinthia. I 4 parlano di momenti drammatici. “Abbiamo rischiato di
essere linciati” ha detto Monici al suo giornale: “è un miracolo se siamo vivi”. Da
Roma il presidente della Repubblica Napolitano esprime viva soddisfazione e ringrazia
quanti si sono prodigati per assicurare l’esito positivo della vicenda, apprezzamento
e sollievo anche dai presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani e dal ministro
della Difesa La Russa, mentre da poco si è concluso l’incontro tra il premier Berlusconi
e il primo ministro del Consiglio nazionale transitorio libico, Mahmud Jibril: siglato
l’accordo Eni-Cnt per garantire gas e benzina alla popolazione. Intanto Tripoli brucia
e dopo tre giorni di combattimenti si contano almeno 400 morti e 200 feriti. Gli scontri
si concentrano ancora nella residenza bunker di Bab Al Aziziya. Si combatte anche
nei pressi di Sirte, dove secondo la tv al Jazeera le forze fedeli al rais sembrano
avere la meglio e i lealisti hanno pure accerchiato Zuara colpendola a distanza con
armi pesanti. Dal canto suo Gheddafi è ricercato, sulla sua testa pesa una taglia
di oltre 1 milione e mezzo di euro, il Cnt ha persino promesso un’amnistia a chi lo
catturi o lo uccida. Ma l’intelligence internazionale è al buio, l’ipotesi più accreditata
è che abbia lasciato la Libia per raggiungere gli angoli del mondo potenzialmente
amici, dall’Angola all’Algeria, lo Zimbabwe, il Venezuela, forse il Burkina Faso.
Comunque la Nato conferma ai ribelli il pieno sostegno per le operazioni di
intelligence e di ricognizione nella caccia al Colonnello e ai suoi figli.
Sentiamo
ora le prime impressioni di Elisabetta Rosaspina del Corriere della Sera e Domenico
Quirico della Stampa, subito dopo la liberazione, prese dal sito internet di Repubblica:
Elisabetta
Rosaspina: R. – Noi stiamo bene. Il nostro autista, però, è stato assassinato
e questa è la cosa peggiore. Era una persona che stava lavorando per noi e che purtroppo
non tornerà più. Era un’ottima persona, si è preso dei rischi e li ha presi per noi.
E’ successo che ci siamo trovato in un’area che, evidentemente, non era sotto controllo.
Domenico
Quirico: R. – E’ andata bene, nel senso che alla fine siamo stati liberati
da due ragazzi che ci hanno tenuto in custodia durante l’intera giornata. A parte
l’inizio, che è stato alquanto complicato, poi man mano le cose sono andate meglio
e poi, questa mattina, ci hanno portato via ed ora siamo qua. (vv)
Grande
gioia dunque per la liberazione dei quattro. Cecilia Seppia ha raccolto la
testimonianza di Fabio Carminati, responsabile Esteri di Avvenire, il primo
che ieri, dopo il rapimento è riuscito a mettersi in contatto con Claudio Monici inviato
del quotidiano cattolico:
“Claudio
ha chiamato intorno a mezzogiorno. Stava cominciando al riunione di redazione ma è
andato subito in vivavoce e subito c’è stato l’applauso dei colleghi. Lui è un tipo
molto schivo e, secondo me, c’è rimasto anche quasi male. Ci ha raccontato che era
appena finita e il suo primo pensiero è andato all’autista, che conoscevano e che
è stato ucciso sotto i suoi occhi, anche perché lui gli era seduto accanto quando
sono stati fermati. Era molto emozionato, scosso. Come gli altri suoi colleghi non
aveva più nulla – né computer e né telefoni – e si chiedeva come fare, oggi, a poter
lavorare e raccontare quello che è successo. La notizia più importante, però, è che
stava bene. Aveva già parlato con sua madre ed era tranquillo”.
Situazione
caotica dunque in Libia, con continui cambi di fronte, nonostante la conquista di
gran parte di Tripoli da parte degli insorti. Ma per una testimonianza sulla situazione
sul terreno, Marco Guerra raggiunto telefonicamente nella capitale libica il
giornalista, Cristiano Tinazzi:
R. – Le forze
ribelli hanno preso il controllo di almeno l’80 per cento della città e oggi sarebbero
penetrate all’interno di Abu Salim. Stanno trattando con i soldati lealisti rimasti
all’interno del quartiere e anche con i civili che sono per la maggior parte filo-Gheddafi.
Si trovano all’interno di questo popoloso quartiere. Stanno cercando di evitare uno
spargimento di sangue. Prima si sono sentite esplosioni e colpi di cannone, quindi
i combattimenti ci sono stati. La situazione a Tripoli è quella di una città deserta
in questi giorni, i negozi sono chiusi e si sta avendo difficoltà per trovare acqua
e cibo. Non c’è un’emergenza umanitaria però la popolazione al momento non si fa vedere.
D.
– A tal proposito, sui media occidentali non si vedono più piazze festanti dei primi
giorni… Che atteggiamento stanno tenendo i civili?
R. – A parte i quartieri
che storicamente sono ribelli, come nel quartiere dove mi trovo io, che è Suk el Juma,
dove sono sempre stati contro Gheddafi fin dagli anni ’70 e hanno sempre subito una
repressione pesantissima, quindi qui la gente ha un altro modo di vedere le cose,
in altri quartieri di Tripoli le persone stanno in casa, stanno aspettando, cercano
di capire chi sono i ribelli, perché la propaganda di Stato da questa parte aveva
dipinto i ribelli come mostri di al Qaeda e dall’altra parte si dipingevano i soldati
lealisti come diavoli. Queste due propagande stanno facendo il loro gioco. Adesso,
in questi giorni, sarà difficile evitare vendette ma è già successo nei quartieri
presi in mano dai ribelli. (bf)