2011-08-24 14:15:12

Donna "suicida" dopo aver testimoniato contro la 'Ndrangheta. Intervista con don Cozzi


Sono in corso le indagini della Procura di Palmi, in Calabria, per far luce sul presunto suicidio di Maria Concetta Cacciola, 31 anni, morta sabato dopo aver bevuto acido muriatico. La donna aveva testimoniato, lo scorso maggio, contro una delle famiglie più potenti della 'Ndrangheta calabrese. La donna, dal 10 agosto, aveva scelto di interrompere il programma di protezione e tornare a Rosarno, in Calabria, dai suoi figli. Quindi, il suicidio. Ad aprile, un caso analogo, quello di una donna toltasi la vita ingerendo acido solforico dopo aver collaborato con la giustizia. Intanto, é in crescita il numero di collaboratori che rinunciano alla protezione perché si sentono abbandonati dallo Stato, come spiega don Marcello Cozzi, tra i responsabili dell'associazione "Libera", che al microfono di Linda Giannattasio commenta il tragico caso di Rosarno:RealAudioMP3

R. – Lei fa un gesto coraggioso, si smarca da una famiglia che aveva quei legami, fa dichiarazioni importanti, ha tre figli… Il nostro interrogativo è: perché una persona che fa un gesto così coraggioso poi all’improvviso si toglie la vita? Deve essere successo qualche cosa. Non possiamo fare altro che aspettare quello che ci diranno gli investigatori. Vorremmo capire per quale motivo i figli erano rimasti lì, considerando che aveva fatto poi dichiarazioni importantissime, con tanto di riscontro. Vorremmo capire se quella di andare via è stata soltanto una scelta della mamma e se il fatto di andare via sia stato in via provvisoria oppure in modo definitivo. Quando si manda via una persona in località protetta, in modo ufficiale, lo si fa cautelando i congiunti più stretti.

D. – Questa donna ha scelto una modalità atroce per togliersi la vita. Questo secondo lei che significato ha?

R. – Si è tolta la vita in un modo così brutale, così violento, anche con una sofferenza indicibile perché togliersi la vita con l’acido muriatico è davvero andare incontro a una sofferenza atroce: se questo è stato un gesto spontaneo vuol dire che è una forte denuncia nei confronti di una politica che non è granché attenta nei confronti di queste persone; se invece non è stato un gesto spontaneo deve far riflettere nello stesso modo perché allora vuol dire che avremmo a che fare con un mostro a sette teste, cioè vale a dire un mostro - la Mafia, la ’Ndrangheta - che non lascia scampo a coloro che intendono abbandonare le sue file.

D. – Cosa bisogna fare?

R. – Stiamo lottando tantissimo per confiscare i beni ai mafiosi. Il bene principale che possiamo confiscare ai mafiosi sono le persone. Intanto non bisogna mai scoraggiarsi nel dire a queste persone che il passo verso la denuncia va fatto perché è un riscattare la propria esistenza, la propria vita; dall’altro lato, però, non bisogna nemmeno fermarsi nel denunciare quelle situazioni di abbandono istituzionale al quale spesso vanno incontro queste persone. Dobbiamo davvero fare da pungolo alle istituzioni dello Stato perché dobbiamo far capire che abbiamo a che fare con persone che hanno fatto scelte coraggiose e che adesso vanno accompagnate in queste scelte, al di là del fatto che alcune di loro abbiano compiuto sbagli nella propria vita. (bf)







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