Libia. I ribelli nel compound di Gheddafi a Tripoli. Giallo sulla sorte del Colonnello
In Libia i ribelli festeggiano la vittoria nel cuore del compound di Gheddafi e annunciano
anche la conquista di quasi tutta Tripoli e di Ras Lanuf importante sito petrolifero.
Dall’Ue il monito alla corte penale dell’Aja perché indaghi sui crimini compiuti dal
Colonnello, mentre Washinghton e Parigi assicurano: la caduta del regime è inevitabile
e prossima.
Nuove defezioni si registrano tra le fila del rais, ma di lui
nessuna traccia. Secondo il figlio Saif Al Islam si troverebbe ancora a Tripoli. Una
conferma arriva anche da un funzionario russo al quale in una telefonata Gheddafi
avrebbe espresso la volontà di combattere fino alla fine. Ci riferisce in studio Cecilia
Seppia:
E
la situazione in Libia è stata protagonista anche al "Meeting di Rimini", dove è stato
ospite Gian Micalessin, inviato del quotidiano "Il Giornale" che recentemente è stato
a Bengasi dove ha girato un reportage tra i ragazzi protagonisti della rivoluzione.
Gabriella Ceraso gli ha chiesto quali possono essere gli scenari futuri nel Paese
alla luce degli ultimi sviluppi :
R. – Purtroppo
non faccio previsioni... Considero ed analizzo quello che è successo in questi sei
mesi e quello che sta succedendo adesso. Vedo un Consiglio nazionale di transizione
incapace di esercitare ed affermare la propria autorità su tutti i gruppi armati che
stanno avanzando verso Tripoli. I ribelli di Misurata dicono di non accettare l’autorità
dei ribelli di Bengasi e del Consiglio di transizione. I ribelli delle montagne occidentali,
ai confini con la Tunisia – e quindi le fazioni berbere – dicono anch’essi di non
accettare appieno l’autorità del Consiglio. Questo, al suo interno, è profondamente
diviso e quindi la situazione è veramente caotica.
D. – Il rischio somalo di
cui parla per il futuro della Libia in cosa consiste?
R. – Il rischio somalo,
purtroppo, è quello di una guerra protratta fra diverse fazioni. Quelle fazioni e
tribù che, ancora oggi, appoggiano il colonnello o, piuttosto, non tollerano di vedere
il futuro della Libia monopolizzato ed egemonizzato dai ribelli di Bengasi o berberi
o quelli di Misurata. Parlo soprattutto delle tribù di Sirte, di alcune tribù del
sud, parlo di zone dove il colonnello continua ad avere un appoggio ed una certa popolarità,
zone in cui i ribelli hanno certamente delle difficoltà ad avanzare e a concretizzare
la propria egemonia.
D. – La sorte di Gheddafi è ancora un punto interrogativo.
Ritieni che questo scenario sia stato “preparato” dall’egocentrismo dello stesso colonnello?
R.
– Io non penso che Gheddafi sia più in grado di organizzare o controllare alcunché:
è politicamente morto dallo scorso marzo come leader. Però gode ancora di appoggi,
ha molta disponibilità finanziaria con cui poter pagare chi combatte per lui ed ha
alle proprie dipendenze un personale militare più abile e più capace di quanto possano
essere i ribelli. Quello che noto è soprattutto un tragico parallelismo tra la sua
vicenda e quella di Saddam Hussein. Saddam era considerato il nemico numero uno dell’Occidente,
il male peggiore per l’Iraq, ed oggi viene invece rimpianto da molti iracheni, i quali
affermano che in fondo, ai suoi tempi, in alcune zone si stava perfino meglio.
D.
– Onu, Nato, Lega Araba, Unione Africana e Francia: questi i nomi che si sono fatti
in queste ore sul dopo-Gheddafi. A livello internazionale, chi potrà fare qualcosa
per la Libia?
R. – Le guerre vengono decise sempre da chi le vince. Qui bisognerà
vedere chi vincerà la guerra. Se la Nato riuscirà a vincere o se, invece, trasformerà
questa vittoria in una catastrofe per una serie di scelte mal prese e mal concepite.
Purtroppo vedo, ancora una volta, un tragico ripetersi di errori delle ipocrisie che
ci sono state all’inizio di questo conflitto. Io non vorrei che quest’ennesima ipocrisia
della Nato, che attende ad attribuire ai ribelli forze e capacità che non hanno e
a dipingere una situazione inesistente – com’era inesistente all’inizio del conflitto
l’imminente caduta di Gheddafi -, determini mali ancora peggiori ed ulteriori implicazioni
negative per il futuro libico. (vv)