Il cardinale Naguib: preoccupazione per la comunità cristiana in Egitto
In primo piano al Meeting di Rimini oggi, oltre all'economia italiana, è l'attualità
internazionale. Molto atteso nel pomeriggio il convegno dal titolo “Egitto: la bellezza,
lo spazio del dialogo”, che racconterà l'esperienza interreligiosa e multiculturale
vissuta al Cairo nell'ottobre scorso, durante un Meeting analogo a quello riminese.
Intorno allo stesso tavolo si ritrovano oggi intellettuali e giuristi egiziani insieme
a due esponenti religiosi di spicco del nord Africa: il vescovo Armiah segretario
del Papa Shenouda III guida dei Copti ortodossi e il cardinale Antonios Naguib,
patriarca di Alessandria dei Copti cattolici. Al porporato, Gabriella Ceraso
ha chiesto quanto sia cambiata la situazione in Egitto:
R. - A tutt’oggi,
da quando il 25 gennaio è cominciato questo movimento chiamato rivoluzione, abbiamo
visto che ci sono stati alcuni cambiamenti positivi che però non hanno toccato l’essenziale;
infatti, in fin dei conti i responsabili, al di là dei più alti in grado che sono
stati allontanati, sono sempre le stesse persone.
D. – La comunità cristiana
come sta vivendo questa fase: è cambiato qualcosa nel rapporto con i musulmani?
R.
- All’inizio, nelle prime settimane dopo la rivoluzione, era cambiato molto ma poi
sono ricominciati gli attacchi, gli atti di violenza e di criminalità contro i cristiani
e contro le chiese.
D. – Quindi lei teme per la sicurezza della comunità
cristiana e per la libertà religiosa nel futuro dell’Egitto?
R. – Temiamo
per la sicurezza di tutto l’Egitto perché l’Egitto adesso sta vivendo un momento di
mancanza di sicurezza grave. Le forze armate fanno veramente moltissimo ma non riescono
a mettere fine agli atti di vandalismo che vengono compiuti tutti i giorni un po’
dappertutto.
D. – C’è invece il timore di una deriva islamica, del prevalere
di forze estremiste, in Egitto e in tutta l’area?
R. – Penso che le
forze estremiste islamiche avranno certamente una presenza forte nel prossimo parlamento
e questo per me e per tutti è normale, perché devono vedere riconosciuta la loro forza
politica in base al consenso democratico; possono arrivare alla maggioranza presto,
ma se arrivano anche al potere allora ci sarà il pericolo che impongano il modello
dello Stato religioso islamico.
D. – Lei ha fatto vari appelli alla
sua comunità…
R . – L’ultimo appello risale a due mesi fa: ho chiesto
di sostenere questo processo verso uno Stato civile, uno Stato democratico, e all’inizio
della rivoluzione regnava proprio questa visione. Poi dopo sappiamo come siano apparsi
gruppi islamici con visioni di Stato basate sulla sharia e come abbiano prevalso a
poco a poco.
D. – Lei ha timore o vincono la fiducia e la speranza?
R.
– Tutte e due. Ho molta speranza, sono sempre ottimista, ma senza nascondere la mia
ansia e la mia paura per il futuro, non solo per noi come cristiani ma per tutto l’Egitto.
(bf)