Francia, eutanasia: comunicato dei vescovi sulla vicenda di Bayonne
Dire “no” all’eutanasia è ascoltare la persona sofferente, tenerle la mano, respingere
allo stesso tempo qualsiasi “dolorismo” o “scientismo”, è attestare che la dignità
dell’agonia è parte della dignità plenaria dell’uomo: a sottolinearlo — in un comunicato
a firma del portavoce della Conferenza episcopale, mons. Bernard Podvin — sono i vescovi
di Francia, intervenuti sulla cosiddetta vicenda di Bayonne, che vede al centro il
medico Nicolas Bonnemaison, accusato di aver procurato la morte, con iniezioni letali,
di almeno quattro anziani pazienti, ricoverati in fin di vita nell’ospedale cittadino.
I fatti – ricorda ‘L’Osservatore Romano’ - si sarebbero svolti tra aprile e agosto
di quest’anno. Gli avvenimenti dolorosi di Bayonne - si legge nel comunicato - non
possono non suscitare reazioni. Ribadire la propria contrarietà all’eutanasia - si
sottolinea nella nota - significa anche “dire no all’accanimento terapeutico, auspicare
cure palliative che accompagnino il paziente verso il fine vita, preferibilmente nella
sua abitazione”. “Significa scegliere di dare la priorità a queste unità di cura”.
Per il portavoce della Conferenza episcopale francese, dire “no” all’eutanasia è anche
“rifiutare che la soggettività, da qualunque ambito provenga, possa disporre della
vita altrui, è rispettare la legittima oscillazione psichica di un malato grave tra
il suo voler morire e il suo voler vivere”. “E, considerati tali cambiamenti, non
porre in essere alcun atto irreversibile”.I vescovi ricordano poi una priorità: quella
di rifiutare di ridurre il pensiero del malato terminale unicamente al suo “stato”
presente. E ricordano che alcune nazioni hanno già autorizzato l’eutanasia attiva,
vietata in Francia, dove invece dal 2005 (legge Léonetti), esiste un “diritto a lasciar
morire”, attraverso cure palliative in grado di alleviare le sofferenze del malato.
“Come ci si poteva attendere — ha affermato il vescovo di Bayonne, Lescar et Oloron,
mons. Marc Aillet — questa triste vicenda è strumentalizzata da persone e lobby che
cercano di rilanciare il dibattito sulla legalizzazione dell’eutanasia”. Preoccupante,
secondo il presule, è anche il fatto che migliaia di persone, su internet e davanti
all’ospedale, manifestino il proprio sostegno a Bonnemaison. “Non è concepibile -
osserva mons. Aillet - che un medico, la cui vocazione è di curare le persone che
gli sono affidate, possa arrogarsi il diritto di sopprimere un paziente (malato incurabile
in fin di vita, anziano o disabile) in nome di una compassione mal compresa”. (A.L.)