Borse, ancora un venerdì nero. Si teme la recessione mondiale
Nuovo "venerdì nero" per i mercati finanziari mondiali, che dopo le pesanti perdite
di ieri – con Piazza Affari a Milano che ha lasciato sul terreno più del 6% - chiudono
anche questa settimana in negativo. A spingere giù le borse sono i timori di un nuovo
periodo di recessione e la crisi del debito, sia negli Usa che in Europa. Anche le
piazze asiatiche hanno chiuso in rosso stamattina, mentre l’oro ha toccato nuovi record
arrivando a 1.868 dollari l’oncia. A poco sono servite le rassicurazione del mondo
della politica, con il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy, e il presidente
Usa, Barack Obama, che hanno escluso il rischio di una nuova recessione. Sentiamo
l’opinione dell’economista Francesco Carlà, intervistato da Stefano Leszczynski:
R. – Il tema
fondamentale è lo sfasamento dei tempi della finanza e dei mercati rispetto ai tempi
della politica, e anche del linguaggio della finanza e dei mercati rispetto al linguaggio
della politica. Fino a quando i mercati non si sentiranno dire che le ultime proposte
potranno avere un effetto rapido, fino a quando non si parlerà di cose complesse che
devono avvenire, come la Tobin tax e cose del genere, e invece si parlerà, per esempio,
di “fattori incisivi ed immediati per riprendere lo sviluppo e la crescita nei Paesi
dove questa si è fermata”, di tagli effettivi e strutturali e non di nuove tasse ai
bilanci dei Paesi oberati dal debito, è chiaro che i mercati difficilmente recupereranno
fiducia nella politica.
D. – Quindi gli operatori finanziari, insomma,
vogliono misure concrete nell’immediato, non credono troppo nei progetti a lungo termine...
R.
– Sì. In riferimento, per esempio, all’ultimo incontro tra la signora Merkel e Sarkozy,
in quel caso si è trattato di una delle occasioni perdute più evidenti. Invece di
approfondire il problema degli "eurobond" – che è sul tappeto da tempo – si è preferito
continuare a raccontare, a livello europeo e a livello internazionale, che Germania
e Francia sono in grado di essere interlocutori alla pari di Stati Uniti e Cina; cosa
che i mercati finanziari non credono affatto.
D. – L’economia reale
sembra dirigersi verso la recessione, allo stesso tempo però i mercati finanziari
si rincorrono nelle valutazioni... Quanto è controproducente il panico per la crescita
economica globale?
R. – La globalizzazione è un fenomeno con dei pro
e contro che non si possono eludere. I cinesi, gli indiani non possono pensare di
continuare a crescere al 10% se in Europa riparte la recessione. Negli Stati Uniti,
poi, non si può pensare che la gente continuerà a comprare Ipod e Iphone - o che in
Asia continueranno a produrlo – se non hanno i soldi per altre questioni primarie,
come per esempio pagare il mutuo della casa o addirittura – peggio ancora – per il
cibo. E’ chiaro che in questo momento il sistema economico globale sconta il fatto
che la globalizzazione è solo economica: non c’è una globalizzazione etica e non c’è
una globalizzazione politica. Addirittura noi non abbiamo una globalizzazione in Europa,
dove nello stesso paniere abbiamo un euro che dovrebbe essere di Atene e di Helsinki:
quindi con tutte le complicazioni della faccenda ... (ma)