Repressioni in Siria: Damasco sempre più isolata. L'Onu valuta l'accusa di crimini
contro l'umanità
Le operazioni dell'esercito della Siria contro le recenti manifestazioni antigovernative
sarebbero concluse. La notizia è stata data direttamente dal presidente Bashar al-Assad
al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sentito telefonicamente la
notte scorsa. E proprio l’Onu, che ha ritirato il personale non essenziale dalla Siria,
potrebbe decidere di affidare la questione al Tribunale Penale Internazionale, dopo
aver aperto un’inchiesta sulla durissima repressione avvenuta nel Paese contro le
proteste antiregime. Oggi al Consiglio di Sicurezza arriva un rapporto dell'Alto Commissariato
Onu per i diritti umani che parla di possibili crimini contro l'umanità compiuti in
Siria. Svizzera e Tunisia richiamano i propri ambasciatori a Damasco, mentre il Kuwait
sta valutando questa ipotesi. E secondo fonti dell'amministrazione Usa, il presidente
Obama sta per chiedere ufficialmente le dimissioni di Assad. Anche Pax Christi, in
un appello, ha chiesto al Palazzo di Vetro di fermare le violenze in Siria. Giancarlo
La Vella ne ha parlato con don Renato Sacco di Pax Christi:
R. - La prima
cosa che diciamo in questo appello è: fermare il massacro e rompere il silenzio! Ci
chiediamo come mai, di fronte a migliaia di feriti, di reclusi, di persone uccise,
c’è questo silenzio che noi non riusciamo a capire... Forse la paura di dire ‘se crolla
questo regime in Siria cosa potrà succedere? Quali saranno le conseguenze?’.
D.
– Nel vostro appello c’è anche un’esortazione alla Comunità internazionale, all’Onu
perché vengano presi provvedimenti. Una richiesta questa, a cui sembra che il Palazzo
di Vetro abbia risposto positivamente...
R. – Speriamo, altrimenti si
rischia di pensare sempre che l’Onu sia solo da usare come copertura per un’azione
militare. Quindi bisogna chiedere alla Comunità internazionale che si adoperi per
una robusta politica di pace, utilizzando il diritto internazionale e non il solo
silenzio e poi di colpo dar via alla guerra. Ma c’è anche un appello rivolto in modo
specifico all’Italia, perché, dalle nostre documentazioni, “Pax Christi” denuncia
la grossa corresponsabilità che abbiamo nella vendita di armi a regimi.
D.
– Qual è la strada per la soluzione del conflitto in Siria?
R. – Essere
per la pace, condannando tutti gli strumenti di guerra: questo vale per tutti i Paesi
in guerra. Poi chiedere di attivarsi per sostenere un cambio di sistema politico che
garantisca i diritti umani, la libertà religiosa, la laicità dello Stato e la dignità
della persona.
D. – Una ricaduta drammatica anche per quanto riguarda
la situazione umanitaria...
R. – Alcuni attivisti dei diritti umani
parlano di 5 mila tra uccisi e scomparsi, 13 mila prigionieri politici, distruzioni,
profughi - che abbiamo visto scappare verso la Turchia - frontiere chiuse... Io sono
stato tante volte in Iraq e gli amici dell’Iraq dicono: “Adesso i profughi iracheni
che sono scappati in Siria cosa faranno? Quale dei due Paesi è più sicuro?” Di fronte
a migliaia di persone, o molte di più, che si mettono in cammino credo che dovremmo
mobilitarci, comunque, dovremmo rompere il silenzio. Noi abbiamo solo alcuni rappresentanti
dei diritti umani che qualche volta riescono a far arrivare una flebile voce, che
invece dovrebbe essere un grido di denuncia! (ma)