Darfur. Rapimento cooperante italiano: chiesto il silenzio stampa
Si attendono sviluppi in merito al rapimento del cooperante italiano di Emergency
avvenuto domenica scorsa in Darfur. Il ministro degli Esteri italiano Frattini segue
personalmente la vicenda mentre l’unità di crisi della Farnesina ha attivato i contatti
con la missione Onu nel Paese e con le autorità locali. Chiesto il silenzio stampa
per facilitare le operazioni di salvataggio e disposto il rientro a Khartoum dell’ambasciatore
italiano, in questi giorni tornato momentaneamente a Roma. Ma qual è oggi la situazione
nella regione sudanese? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Irene Panozzo, giornalista
di Lettera 22 ed esperta dell’area:
R. – Il Darfur
continua ad essere in una situazione di grande instabilità ed insicurezza; di fatto,
la guerra iniziata nel 2003 non si è mai conclusa. Ci sono stati diversi Trattati
di pace: il primo, nel 2006, firmato solo da una fazione; l’ultimo, a metà luglio
scorso, ma di nuovo firmato solo da una fazione dei moltissimi gruppi ribelli attivi
in Darfur, con il governo di Khartoum.
D. – Cosa chiedono le fazioni?
R.
– Sono talmente tante e hanno tutte, naturalmente, richieste diverse tra loro per
cui è difficile trovare una posizione comune. L’ultimo accordo di pace prevede comunque
concessioni anche sul piano politico, concessioni che però riguardano solo ed esclusivamente
quel gruppo ribelle e non gli altri, che chiedono una soluzione più ampia e che affronti
tutta una serie di questioni che vanno dalla partecipazione politica alla partecipazione
economica, alla sicurezza, al ritorno degli sfollati interni…
D. – Qual
è l’atteggiamento di Khartoum, del Nord Sudan?
R. – Diciamo che è ambivalente,
nel senso che c’è stata la volontà, in questi anni, di negoziare. Però, allo stesso
tempo, secondo il punto di vista degli altri gruppi ribelli che finora non hanno firmato
nessun tipo di Trattato di pace, si sono date risposte non sufficienti. Questo permette
a Khartoum di agire con la forza nei confronti di quei gruppi ribelli che non firmano
i trattati. Il rischio che succeda esattamente la stessa cosa c’è anche adesso.
D.
– Come vive la popolazione nella regione del Darfur?
R. – Vive in una
situazione di continua instabilità e insicurezza. Anche in questo caso è un po’ difficile
generalizzare: il Darfur è grande circa quanto la Francia ed è diviso in tre Stati.
In generale, però, si può dire che continuano ad esistere grandi campi di sfollati,
soprattutto nei pressi delle grandi città, dove le condizioni di vita sono particolarmente
dure. (gf)