Allarme colera nei campi profughi del Corno d'Africa
Continua a rimanere gravissima la situazione umanitaria in tutta la regione del Corno
d’Africa, colpita da una carestia senza precedenti. Epicentro della tragedia resta
comunque la Somalia, già devastata da una infinita guerra civile e per gran parte
nelle mani degli integralisti islamici di al Shabab. Alla carestia e alle migliaia
di morti che ha provocato, si aggiunge ora l’emergenza sanitaria per l’epidemia di
colera che ha iniziato a dilagare nei compi profughi. L'allarme è stato lanciato dall'Organizzazione
Mondiale della sanità. Sulla situazione degli aiuti umanitari Stefano Leszczynski
ha intervistato Sandro De Luca, responsabile per i progetti Africa del Ong
CISP (Comitato Internazionale per lo sviluppo dei Popoli):
R. - La macchina,
con tutte le sue lentezze e difficoltà, si sta mettendo in movimento, soprattutto
la macchina legata ai grandi Stati e al sistema delle Nazioni Unite. Indubbiamente
il conflitto in Somalia rende molto complesso e difficile l’intervento a prescindere
- diciamo - della volontà dei singoli attori. In altri casi, come il caso dei Paesi
della regione, come il Kenya o come l’Etiopia, c’è una certa resistenza ad accettare
il fatto che ci siano aree del Paese colpite dalla carestia: questo, in qualche modo,
contrasta con l’immagine di Paesi che stanno sperimentando - per esempio - tassi di
crescita molto importanti negli ultimi anni.
D. - Quando parliamo dell’intera
area colpita dalla carestia, esattamente di quale estensione territoriale e di densità
di popolazione stiamo parlando?
R. - Parliamo di un’area molto, molto
vasta perché prende tutto il nord del Kenya, una parte importante dell’est dell’Etiopia
e poi tutta la Somalia centromeridionale.
D. - Gli aiuti, per quanto
siete riusciti a sapere, arrivano o - come talvolta accade - restano ostaggi di potentati
locali?
R. - Gli aiuti stanno cominciando ad arrivare: con difficoltà,
perché ci sono difficoltà di accesso in molte aree. Ci sono, ad esempio, difficoltà
di accesso all’aiuto internazionale in vaste aree del centro sud della Somalia e questo
proprio per ragioni legate al conflitto. C’è da dire che i mercati e quindi la disponibilità
di cibo sui mercati - almeno di alcune tipologie di cibo - è piuttosto buona nella
Somalia meridionale. Il problema è che ovviamente sfollati che arrivano da zone di
conflitto o che sono scappati dalla carestia non hanno alcuna possibilità di acquistare
cibo nei mercati, ma il cibo è presente nei mercati. Per cui quello che si sta cercando
è una integrazione alle classiche distribuzioni di cibo trasportate su grossi convogli,
con altri strumenti alternativi che supportano l’accesso al mercato delle famiglie
con casi di malnutrizione o in gravissima difficoltà.
D. - Quando parliamo
di masse di profughi che si spostano, di che cifre stiamo parlando?
R.
- Per esempio nella sola Mogadiscio, si parla - con tutto il beneficio d’inventario
per la difficoltà di raccogliere dati - di almeno 100 mila profughi arrivati negli
ultimi mesi e di quantità di persone di circa un migliaio in arrivo ogni giorno. (mg)