Festa di Santa Teresa Benedetta della Croce. Il Papa: martire del nazismo per amore
di Dio e del suo popolo
La Chiesa celebra oggi la Festa di Santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith
Stein, compatrona d’Europa. Filosofa ebrea tedesca si convertì al cristianesimo nel
1921, dopo aver letto l’autobiografia di Santa Teresa d’Avila. Nel 1942 morì ad Auschwitz
assieme alla sorella Rosa. Più volte Benedetto XVI si è soffermato, nelle sue catechesi,
su questa straordinaria figura di martire. Toccanti le parole che il Papa pronunciò
su Edith Stein, in occasione della visita al campo di sterminio nazista di Auschwitz
nel maggio del 2006. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Nell’“orrore
della notte” della Seconda Guerra Mondiale, non ha mai perso di vista “la speranza,
il Dio della vita e dell’amore”. Edith Stein, sottolinea Benedetto XVI, è una martire
del nostro tempo. Martire perché ha seguito il Signore fino in fondo e così ha vinto
l’odio e la violenza. Edith, rifugiatasi in un convento carmelitano in Olanda, ha
la possibilità di fuggire dalla furia nazista, ma non vuole tradire il suo popolo:
pur convertitasi al cattolicesimo, si sente figlia di Israele e ne vuole condividere
il destino fino in fondo. Per questo, nella memorabile e toccante visita ad Auschwitz,
il Papa, figlio della Germania, si sofferma proprio sulla testimonianza di Edith Stein:
“Come
cristiana ed ebrea, ella accettò di morire insieme con il suo popolo e per esso. I
tedeschi, che allora vennero portati ad Auschwitz-Birkenau e qui sono morti, erano
visti come Abschaum der Nation – come il rifiuto della nazione. Ora però noi li riconosciamo
con gratitudine come i testimoni della verità e del bene, che anche nel nostro popolo
non era tramontato. Ringraziamo queste persone, perché non si sono sottomesse al potere
del male e ora ci stanno davanti come luci in una notte buia”. (Auschwitz, 28 maggio
2006)
Come filosofa, allieva di Husserl, Edith Stein fu sempre in
cerca della verità. La trovò nella Croce e comprese che la verità è una Persona: Gesù
Cristo. Solo prendendo la Croce, è stato il suo insegnamento, possiamo accogliere
la volontà del Signore, anche davanti alle sofferenze più terribili. “Più si fa buio
attorno a noi – diceva Edith Stein – e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che
viene dall’alto”:
“La santa carmelitana Edith Stein ce lo ha testimoniato
in un tempo di persecuzione. Scriveva così dal Carmelo di Colonia nel 1938: ‘Oggi
capisco … che cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benché
per intero non lo si comprenderà mai, giacché è un mistero…’” (Angelus, 20 giugno
2010)
Edith Stein, come San Massimiliano Kolbe anch’egli vittima
dell’orrore nazista, ci svelano quale sia la logica del martirio: la morte di Gesù,
il “suo sacrificio supremo d’amore”:
"E’ la logica del chicco di
grano che muore per germogliare e portare vita (cfr Gv 12,24). Gesù è il chicco di
grano venuto da Dio, il chicco di grano divino, che si lascia cadere sulla terra,
che si lascia spezzare, rompere nella morte e, proprio attraverso questo, si apre
e può così portare frutto nella vastità del mondo”. (Udienza generale, 11 agosto 2010)
“Se
leggiamo le vite dei martiri – ha rilevato il Papa proprio pensando a figure come
Edith Stein e Massimiliano Kolbe – rimaniamo stupiti per la serenità e il coraggio
nell’affrontare la sofferenza e la morte”. La grazia di Dio, ribadisce, “non sopprime
o soffoca la libertà di chi affronta il martirio, ma al contrario la arricchisce e
la esalta”:
“Il martire è una persona sommamente libera, libera
nei confronti del potere del mondo. Una persona libera che in un unico atto definitivo
dona a Dio tutta la sua vita, e in un supremo atto di fede, di speranza e di carità,
si abbandona nelle mani del suo Creatore e Redentore; sacrifica la propria vita per
essere associato in modo totale al Sacrificio di Cristo sulla Croce. Con una parola:
il martirio è un grande atto di amore in risposta all’immenso amore di Dio”. (Udienza
generale, 11 agosto 2010)