Il nunzio a Damasco: dolore per lo spargimento di sangue, preoccupazione per le comunità
cristiane
Nuovo bilancio delle manifestazioni antigovernative di ieri in Siria. Le forze di
sicurezza avrebbero ucciso almeno 24 persone. A riferirlo fonti umanitarie, all’indomani
della condanna delle violenze ai danni del popolo siriano, espressa all’unanimità
da Stati Uniti, Germania e Francia; un coro di sdegno a cui si vanno ad aggiungere
anche le monarchie del Golfo. E intanto gli oppositori si sono dati appuntamento domani
a Idlib. Il servizio di Salvatore Sabatino:
Il Ramadan
non ha fermato la repressione. In molti speravano in uno stop delle violenze, soprattutto
i manifestanti; gli stessi che invece restano attoniti di fronte allo spargimento
di sangue che anche ieri, primo venerdì di preghiera del mese sacro per l’islam, non
ha risparmiato nessuna delle città ribelli. La più colpita è sempre Hama, attorno
a cui – secondo testimoni – sarebbero schierati oltre 250 carri armati inviati dal
presidente per placare la rivolta. Per la prima volta in questa città, ieri gli 'shabiha',
le milizie paramilitari fedeli al regime, hanno impedito ai fedeli di entrare nelle
moschee per celebrare la preghiera del venerdì. Il tutto in un buio spettrale, perché
da giorni è stata staccata l’elettricità. Ma ora gli occhi sono tutti puntati su Idlib,
nel nord del Paese, che domani ospiterà il primo grande sciopero generale indetto
dagli insorti. Anche qui si teme un bagno di sangue. Sul fronte internazionale, invece,
ci sono state conversazioni telefoniche separate, ma convergenti nella serata di ieri
del presidente Usa, Barack Obama, con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e con
l'omologo francese, Nicolas Sarkozy. I tre leader hanno espresso di comune accordo
una dura condanna nei confronti del regime per la sua "violenza indiscriminata contro
il popolo siriano". Ed una presa di distanza giunge anche dalle monarchie del Golfo,
che per la prima volta in modo unanime, hanno invocato "la fine dello spargimento
di sangue", invitando Damasco ad avviare ''riforme serie''.
Dolore e apprensione
per lo spargimento di sangue in Siria viene espresso dal nunzio apostolico in Siria,
mons. Mario Zenari. “Preoccupa – ha detto – anche la situazione della piccola
comunità cristiana”. Ascoltiamolo al microfono di Paolo Ondarza:
R. – Purtroppo,
questo mese di Ramadan, che per i musulmani è un mese così particolare – di preghiera,
di digiuno – sta trasformandosi in un mese di dolore e ancora di spargimento di sangue.
E’ una cosa molto dolorosa, molto triste per tutti. Io ricordo l’appello che il Santo
Padre ha lanciato il 15 maggio scorso all’Angelus affinché cessi lo spargimento di
sangue. Questa è la prima urgenza. Fa molto male in uno dei giorni più belli per i
nostri amici musulmani, il venerdì del Ramadan, vedere ancora questo spargimento di
sangue, non potere andare alla preghiera con tutta la serenità, con tutta la calma.
D.
– Nel Paese c’è difficoltà di movimento? C’è difficoltà nello spostarsi?
R.
– Come lei sa uno dei compiti più importanti del rappresentante pontificio è quello
di visitare le comunità cristiane e cattoliche: le nostre comunità sono piccole, sono
sperdute, sono sparse. E fino a qualche mese fa ho avuto questa bella occasione di
visitarle tutte. Naturalmente adesso in certi luoghi la prudenza esige che non ci
si muova.
D. – Come vive la piccola comunità cristiana, che rappresenta
circa il 10 per cento della popolazione in Siria?
R. – Si calcola più
o meno che siano tra l’8 e il 10 per cento. Purtroppo, devo dire che c’è un crescendo
di preoccupazione tra i cristiani circa il loro futuro. Devo dire che finora la Siria
è stata un modello di convivenza tra le differenti religioni e in questo senso era
anche un esempio in questa regione. Finora dura ancora, ma c’è questo sentimento tra
tanti nostri cristiani che quest’atmosfera possa essere intaccata con quanto sta succedendo.
Sarebbe veramente un guaio se venisse intaccata quest’atmosfera di dialogo e di buone
relazioni tra le differenti religioni, che è esistita qui in Siria. (ap)