2011-08-05 15:32:47

Nuova tragedia del mare a Lampedusa. Polemiche sui soccorsi. Frattini: la Nato apra un'inchiesta


L’Italia, attraverso il ministro degli Esteri Frattini, ha chiesto ufficialmente alla Nato l’apertura di un’inchiesta in merito al presunto mancato soccorso di un barcone di immigrati provenienti dalla Libia da parte di una nave dell’Alleanza che si trovava nell’area. L’episodio, risalente ai giorni scorsi, è avvenuto a largo di Lampedusa. A bordo dell’imbarcazione viaggiavano oltre 350 persone. La Guardia Costiera, fino ad ora, ha recuperato un cadavere. Circa 50, invece, gli immigrati giunti sull’isola siciliana che hanno avuto bisogno di cure mediche. Il loro racconto lascia presagire l’ennesima tragedia del mare: c'è chi parla di un centinaio di morti e di cadaveri gettati in mare. In merito Eugenio Bonanata ha raccolto il commento di Laura Boldrini portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati:RealAudioMP3

R. – Io penso che in questo caso ci sia da invocare l’intervento e la collaborazione di tutti gli Stati della comunità internazionale. Se è confermato - e questo punto va verificato - se è vero che una nave della Nato non ha prestato aiuti è qualcosa di molto grave. Ricordo, però, che qualche settimana fa una nave della Nato aveva prestato soccorsi a persone in difficoltà su una carretta del mare, ma era rimasta in attesa di sapere dove sbarcare queste persone per una settimana. Anche questo, dunque, scoraggia il soccorso. Allora la responsabilità di nuovo è degli Stati. Bisogna stabilire un sistema per cui gli Stati consentano lo sbarco delle persone che vengono soccorse, perché altrimenti lasciare le imbarcazioni con il carico umano per giorni scoraggia il soccorso.

D. - Cosa fare dunque?

R. – Bisogna fare di più, bisogna fare in modo che ci sia un meccanismo di intervento, per cui queste imbarcazioni non possano essere lasciate al loro destino; bisogna trovare dei meccanismi per cercare di dare alternative a queste persone che fuggono da una guerra. Se ci fossero delle quote che gli Stati offrono per fare il re-insediamento di queste persone, dei rifugiati che non possono tornare nei Paesi di origine, che vivevano in Libia e che oggi non sanno più dove andare, persone che vivono nei campi profughi, in Tunisia e in Egitto, ma che spesso ritornano in Libia con la speranza di potersi imbarcare, mettendo in conto anche di rischiare la vita, se queste persone, dunque, potessero invece avere la possibilità di essere trasferite legalmente in un sistema di re-insediamento, che dimostri anche solidarietà tra la comunità internazionale, probabilmente ridurremmo anche il numero delle persone che accettano oggi la roulette russa nel Mediterraneo.

D. – Intanto, la Farnesina ha chiesto alla Nato di aprire un’inchiesta su questo episodio: attendiamo di vedere cosa realmente sia successo, perché non abbiamo neanche la certezza di come siano andate le cose...

R. – No, non abbiamo la certezza, perché durante le operazioni di soccorso è ovvio che la priorità sia quella di salvare vite umane e non si può pensare che si facciano dei colloqui durante le operazioni di soccorso. Ora, prima di avere un quadro ci vuole un po’ di tempo, perché le persone che arrivano sono sotto shock. Bisogna rispettare, dunque, la loro condizione, fare in modo che prima si riposino per poi fare dei colloqui. Prima di avere un quadro che ci possa dare l’idea della dimensione della tragedia, bisogna aspettare dei tempi.

D. – Quindi, cautela di fronte al racconto degli immigrati che parlano, tra l’altro, di decine di corpi gettati in mare...

R. – Cautela sino al momento in cui si è parlato con più persone possibili e quando si capisce che c’è un’uniformità nelle versioni che vengono date. (ap)







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