Taglio delle frequenze televisive: le Tv comunitarie italiane protestano
Con la legge di Stabilità 2011, il Parlamento italiano ha deciso di tagliare frequenze
televisive da anni in uso alle Tv comunitarie locali, cattoliche e non, per destinarle
allo sviluppo della telefonia mobile. Forti le proteste delle piccole emittenti. Ce
ne spiega i motivi Luigi Bardelli, presidente del Corallo, il Consorzio delle
Radio e Tv Libere Locali. L’intervista è di Luca Collodi:
R. - Il problema
è che viene calcolato che in Italia 200-250 emittenti potrebbero smettere di avere
i loro canali, quindi potrebbero smettere di funzionare.
D. - La legge
finanziaria appena varata dal Parlamento rischia di togliere alcune frequenze in alcune
regioni ad emittenti locali per darle a società telefoniche…
R. – Non
rischia, le toglie!
D. - Questo potrebbe comportare lo spegnimento di
queste televisioni locali che sono da sempre, cattoliche e non, al servizio del territorio…
R.
- E’ esattamente così. Tremonti ha ritenuto di dover fare cassa vendendo, guarda caso,
agli operatori telefonici queste nove frequenze da sempre utilizzate dalle emittenti
locali.
D. – Le compagnie telefoniche devono certamente crescere –
voi dite - ma non a danno dell’emittenza locale...
R. - E’ naturale,
perché nel momento in cui si tolgono frequenze alle emittenti locali se ne regalano
un bel numero, gratuitamente, ancora ai grandi network nazionali. Di qui nasce l’ingiustizia,
l’irritazione e la grande protesta di tutto il mondo dell’emittenza delle tivù locali.
D.
- Come Corallo che cosa state facendo?
R. – Insieme a tutte le associazioni
di categoria ci stiamo mobilitando per misurare la sensibilità dei parlamentari. C’è
da dire che per noi, soprattutto per noi cattolici, c’è una verità: se invece della
strada che ha preso il sistema televisivo italiano, ci fosse stata davvero la costituzione
del terzo polo, inteso come il mondo delle emittenti locali valorizzate, l’incidenza
sul costume italiano sarebbe stata diversa da quella che ci hanno fatto vedere i pomeriggi
di Mediaset e purtroppo anche di Rai. In provincia c’è la vita vera: gente che soffre,
che lavora, che gioisce, che patisce per i propri figli, per i propri disabili … c’è
un’altra vita! La nostra vita quotidiana è questo mondo e, se questo mondo fosse venuto
alla ribalta, l’Italia sarebbe più vera di quella fiction nella quale si sta trasformando
oggi. (ma)