2011-08-04 14:25:56

Morte bimbo Rom. Il cardinale Vallini: sconfitta per tutti, aumentare impegno e solidarietà


La Chiesa di Roma si stringe intorno alla famiglia del bimbo Rom di 11 mesi morto folgorato nel container della nonna a causa di una dispersione di corrente. Il tragico incidente, avvenuto nel campo nomadi autorizzato di Tor de' Cenci, ha riaperto il dibattito sulle condizioni dei migranti stanziali. Per il cardinale vicario Agostino Vallini è "una tragedia frutto di degrado ed emarginazione", una "sconfitta per tutti" che ci ricorda di aumentare impegno e solidarietà per superare "così gravi emergenze". Il sindaco di Roma Alemanno ha assicurato completo sostegno alla famiglia e l’impegno affinché il Piano Nomadi sia portato a termine al più presto. Al microfono di Massimiliano Menichetti, il direttore della Caritas romana mons. Enrico Feroci.RealAudioMP3

R – Questa morte ci colpisce per due motivi, perché è un bambino e poi perché i nostri operatori conoscevano la famiglia, avendo accompagnato, portato il bambino dalla nonna materna a Tor de’ Cenci, perché dovevano fare dei lavori di risistemazione nel loro container. Vorremmo esprimere non solamente la nostra solidarietà, ma anche la nostra preghiera e assicurare che saremo loro vicini anche successivamente.

D. – E’ una tragedia che si poteva evitare?

R. – E’ difficile rispondere: un bambino di 11 mesi che sembra abbia messo la mano sotto al frigo per cercare una pallina. Anche quando un nostro bambino cade da un balcone, quando si mettono le mani, le dita nella presa... Credo che bisognerebbe fare una cultura di prevenzione per gli incidenti, aiutare a capire. Vorremmo che questi episodi non ci fossero più. Cercheremo di essere vicini alle autorità pubbliche perché prendano in considerazione in maniera seria la problematica dei nostri fratelli Rom.

D. – Secondo lei, per evitare tragedie come queste è necessario che i Rom si trasferiscano in strutture diverse e abbandonino, quindi lascino, la sistemazione nei campi?

R. - Ci sono dei gradini da fare. Vivere in mezzo alle canne o ai canneti, sul bordo del fiume, in baracche, in un degrado di quel tipo, non deve esistere assolutamente. Non possiamo nemmeno ghettizzarli, metterli in ambienti come riserve, dove debbono stare perché loro sono lì. Se noi rispettiamo la loro cultura dobbiamo per forza fare un passo successivo: non è detto che debbano per forza vivere dentro roulotte o dentro container, perché non è questa la loro cultura. Quindi, io credo che il punto finale dovrebbe essere una casa accogliente dove le famiglie con bambini possano avere una loro cultura e possano avere anche un loro domani.

D. – Quindi, di fatto, sta anche dicendo che non basta dire “questo campo è autorizzato” bisogna far sì che si favoriscono dei percorsi virtuosi dal punto di vista della legalità e dell’integrazione...

R. – Certo! Per forza! Questo è doveroso, perché non possiamo metterli dentro ad un campo, dicendo “adesso arrangiatevi e fate quello che volete”. E’ un dovere anche civile. Bisogna assolutamente togliere i pregiudizi nei confronti della popolazione Rom, bisogna saper entrare dentro il loro mondo e conoscere le persone. Non possiamo vivere nel 2011 in una situazione in cui alcune persone vengono discriminate, tenute al margine e ai bordi della società. (ap)







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