Primo anniversario della Convenzione sulle bombe a grappolo. A breve in Italia una
legge per vietare finanziamenti a chi le produce e commercia
Si è festeggiato ieri il primo anniversario della Convenzione sulle munizioni cluster,
cosiddette ‘bombe a grappolo’, in vigore dal primo agosto 2010. Nell’occasione, la
Campagna italiana contro le mine ha sollecitato gli Stati che non hanno aderito al
Trattato di farlo quanto prima. Roberta Gisotti ha intervistato il direttore
dell’Ong, Giuseppe Schiavello:
R. – Questa
seconda Convenzione sulle armi con effetti indiscriminati – la prima, ricordo, è stata
quella delle mine antipersona - rinnova ciò che era stato già avallato: le armi indiscriminate
vanno messe al bando. Parliamo di quelle armi che colpiscono soprattutto popolazione
inerte, che subisce oltre alla guerra anche, e successivamente alla fine del conflitto,
il problema degli ordigni inesplosi, che causano spesso morti e mutilazioni tra i
civili.
D. – Quanti Paesi hanno finora aderito alla Convenzione?
R.
– Sono 109 che l’hanno sottoscritta, di cui 59 sono già Stati parte, nel senso che
hanno ratificato questa Convenzione con una legge nazionale, depositando poi questo
strumento al Segretariato delle Nazioni Unite.
D. – Dottor Schiavello,
quali risultati ad oggi?
R. – Sicuramente fermare quella che era un’emergenza
umanitaria annunciata: erano più di 20 i Paesi già afflitti dal problema delle ‘cluster
bomb’ inesplose, che rimanevano in grandissima percentuale sul terreno.
D.
– Ma si ha prova che queste bombe a grappolo sono tuttora prodotte, vendute ed utilizzate…
R.
– Ci sono ovviamente una serie di Paesi che le hanno nei propri arsenali ed alcuni
di questi non hanno aderito e quindi di conseguenza potrebbero riservarsi il diritto
di utilizzarle. E’ avvenuto in Georgia, è avvenuto in Libia da parte di Gheddafi,
che ha utilizzato le bombe a grappolo su Misurata. Come è già accaduto per le mine
antipersona, però, anche gli Stati che non aderiscono andranno incontro ad una stigmatizzazione
internazionale, per cui ci sarà una condanna morale dell’uso di queste armi tale da
bloccarne comunque l’utilizzo e il commercio. E’ stato così anche per le mine antipersona.
Ricordo che dei grandi Stati non avevano aderito e molti dei detrattori di queste
Convenzioni internazionali sul disarmo umanitario dicevano: “Se non aderiscono questi
Paesi non si riuscirà ad impedire l’uso e la produzione di questi ordigni”. Invece
si è dimostrato esattamente il contrario, perché anche gli Stati che non avevano sottoscritto
e ratificato si sentivano e si sentono sotto la lente di ingrandimento del giudizio
diplomatico internazionale ed anche della società civile interna al proprio Paese,
che non vuole essere comunque corresponsabile di stragi di civili.
D.
– L’Italia, sappiamo, ha ratificato lo scorso mese la Convenzione, ma si aspettano
altri passi importanti da un Disegno di Legge in attesa di essere discusso. Di cosa
si tratta?
R. – Si tratta di un Disegno di Legge che riguarda il finanziamento
da parte di banche, di società di intermediazione, di fondi pensioni, ecc. verso aziende
che anche all’estero producono ordigni messi al bando dai Trattati internazionali.
Le banche italiane in questo momento non sono coinvolte e quindi di fatto non hanno
motivo di ritenersi colpite da un Disegno di Legge che soprattutto sancisce una questione
di principio. E’ però un fatto importante, perché è una prima legge che affronta la
tematica del finanziamento e del supporto ad aziende – anche straniere – che in qualche
modo non si attengono a dettami internazionali, che magari il proprio Paese non ha
ratificato.
D. – Dottor Schiavelllo, dunque è importante avere queste
Convenzioni così come mobilitare l’opinione pubblica per supportarle?
R.
– Assolutamente. Queste Convenzioni sono state raggiunte grazie alla mobilitazione
dell’opinione pubblica e anche alla sensibilità di diversi parlamentari – devo dire
– in senso trasversale, che hanno voluto recepire quelle che erano le istanze della
società civile. (mg)