Al Cairo, processo a Mubarak e ai vertici politici e economici del suo governo
Domani inizia al Cairo il processo ai vertici politici ed economici dell'Egitto di
Hosni Mubarak. Accanto all’ex presidente ottantatrenne, che oggi ha firmato, su sollecitazione
dell'avvocato, il mandato di comparizione, ci saranno i due figli, Alaa e Gamal e
l'ex ministro dell'Interno Habib el Adly, accusato con l'ex rais di avere ordinato
la violenta repressione dei manifestanti. In vista del processo che per la prima volta
nella storia dell’Egitto vedrà imputato un ex presidente, sale la tensione. Ieri nel
primo giorno del Ramadan, esercito e polizia in assetto antisommossa sono entrati
in forze a piazza Tahrir per sgombrare i manifestanti che, in dissenso con i grandi
movimenti rivoluzionari, avevano deciso di proseguire il sit in avviato l'8 luglio.
Il processo segna un momento particolare della difficile transizione dell’Egitto verso
un nuovo assetto politico. A questo proposito, in Egitto come in altri Paesi in cui
è esplosa la cosiddetta 'primavera araba', si affaccia il rischio di una deriva fondamentalista.
Luca Collodi ne ha parlato con Renzo Guolo, docente di Sociologia delle
Religioni all’Università di Padova:
R. – È prevedibile
che in una prima fase di approccio alla libertà politica – parliamo di libertà politica
più che di democrazia, perché è una cosa più complessa e presuppone la distinzione
e la separazione tra poteri e tutto il resto – ci sia inevitabilmente previsto il
successo di forze che sono strutturalmente più radicate e che anche nel tempo dell’opposizione
hanno saputo – perché le società del mondo arabo hanno dovuto fare dei compromessi
- fare attività politica senza farla formalmente. Questo il caso delle forze dei “Fratelli
musulmani” in Egitto, che si sono occupate di welfare religioso, assistenza ed educazione.
Evidentemente, però, sono diventati egemoni anche facendo questo: non erano presenti
in Parlamento, ma politicamente costruivano il loro successo attraverso la società.
Le forze democratiche laiche sono ancora deboli rispetto a questa questione. Una grossa
responsabilità, comunque, ce l’ha anche l’Occidente che ha temporeggiato: avrebbe
potuto – in anni molto meno problematici – premere molto su questi Paesi, perché facessero
delle vere aperture democratiche e che non fossero vittime delle circostanze e delle
emergenze di quelle che potrebbero essere invece nei prossimi mesi gli sviluppi nell’area.
D. – Prof. Guolo, possiamo parlare di una svolta islamica della “Primavera
araba”?
R. – Diciamo che le forze islamiche sono candidate a beneficiare
di processi rivoluzionari che non hanno causato, che non hanno scatenato. Anzi, sono
state paradossalmente legate – ovviamente in termini antagonistici – al regime, nel
bene e nel male: non hanno guidato le rivolte, ma potrebbero beneficiarle se appunto
la Comunità internazionale non cercherà in qualche modo di favorire ed aiutare, tutelando
le minoranze religiose, condizionando gli aiuti internazionali ad un certo assetto
politico, ovviamente nel pieno rispetto delle regole che ci saranno… Insomma ha capacità
di incidere, cercando di strutturare un campo democratico che potrà magari rafforzarsi
nei prossimi anni, se non sarà troppo tardi!(mg)