Dalla Chiesa italiana aiuti immediati al Corno d'Africa e colletta nazionale il 18
settembre
La Conferenza Episcopale Italiana, che a metà luglio ha stanziato un milione di euro,
ha annunciato una colletta nazionale per domenica 18 settembre. La Cei interviene
nell’emergenza cercando anche di proporre riflessioni a lungo termine, come emerge
dall’intervista di Fausta Speranza con il segretario generale Cei mons.
Mariano Crociata:
R. - Dopo
aver stanziato le somme che sono note, sia come presidenza che come Caritas, abbiamo
pensato di scegliere una domenica per la riflessione, la preghiera, la solidarietà
e quindi anche una colletta di solidarietà e di aiuto. Questa urgenza ci impone un
impegno il più possibile coinvolgente ed esteso al maggior numero di persone. Sentiamo
interpellata la nostra coscienza umana e anche la nostra coscienza di credenti. Peraltro
una coscienza resa ancora più avvertita dal senso missionario che anima la nostra
fede e che è espresso dalla presenza nel territorio di operatori Caritas, di missionari,
che da tempo sono all’opera e che adesso ci segnalano il dramma così ingente che queste
popolazioni stanno vivendo. Ci sentiamo davvero interpellati e vogliamo renderci ancora
più disponibili e sensibili e sollecitare la sensibilità di tutti i nostri fedeli
e di tutti coloro che avvertono il richiamo di questo bisogno, di questo grido di
aiuto che sale da queste popolazioni.
D. - Mons. Crociata, la colletta
è per domenica 18 settembre. Dunque un tempo abbastanza vicino ma non immediato. Si
è pensato a settembre anche per non dimenticare, per continuare, dopo i primissimi
aiuti, a seguire la situazione nel Corno d’Africa?
R. - Certamente abbiamo
considerato che purtroppo questa emergenza umanitaria è destinata a durare, come l’Onu
stesso ha appena dichiarato. E poi la nostra aspirazione è quella di aiutare - come
credo sia nell’intenzione di tutti i Paesi e dell’Onu con i suoi organismi - queste
nazioni, queste masse di gente disperata a superare l’emergenza ma poi anche a trovare
le condizioni per incominciare un piccolo percorso di sviluppo. In questo senso, vorrebbe
essere l’inizio di un accompagnamento che per quanto ci è possibile non verrà meno,
ma durerà sul lungo periodo anche da parte nostra. In questa maniera vorremmo testimoniare
l’esigenza che l’emergenza diventi un richiamo ad un rapporto nuovo, da parte dei
Paesi sviluppati, da parte del nostro Paese, con Paesi in via di sviluppo che sono
esposti a drammi di questa gravità. Certamente sono in difficoltà per cause naturali
come la carestia e fenomeni ambientali ma anche per ragioni di violenza, di conflitto,
tra le nazioni, tra i Paesi, per corruzione e sopraffazioni veramente inenarrabili
e poi anche per la responsabilità che i nostri Paesi hanno tante volte - troppo egoisti
- nella difesa del proprio benessere. Il benessere di alcuni, che ora è pur messo
alla prova in questo tempo, è indifferente, se non addirittura in grado di provocare
questi livelli drammatici di sottosviluppo che si stanno vivendo in quelle regioni.
(bf)