2011-07-30 14:45:00

Dalla Chiesa italiana aiuti immediati al Corno d'Africa e colletta nazionale il 18 settembre


La Conferenza Episcopale Italiana, che a metà luglio ha stanziato un milione di euro, ha annunciato una colletta nazionale per domenica 18 settembre. La Cei interviene nell’emergenza cercando anche di proporre riflessioni a lungo termine, come emerge dall’intervista di Fausta Speranza con il segretario generale Cei mons. Mariano Crociata:RealAudioMP3

R. - Dopo aver stanziato le somme che sono note, sia come presidenza che come Caritas, abbiamo pensato di scegliere una domenica per la riflessione, la preghiera, la solidarietà e quindi anche una colletta di solidarietà e di aiuto. Questa urgenza ci impone un impegno il più possibile coinvolgente ed esteso al maggior numero di persone. Sentiamo interpellata la nostra coscienza umana e anche la nostra coscienza di credenti. Peraltro una coscienza resa ancora più avvertita dal senso missionario che anima la nostra fede e che è espresso dalla presenza nel territorio di operatori Caritas, di missionari, che da tempo sono all’opera e che adesso ci segnalano il dramma così ingente che queste popolazioni stanno vivendo. Ci sentiamo davvero interpellati e vogliamo renderci ancora più disponibili e sensibili e sollecitare la sensibilità di tutti i nostri fedeli e di tutti coloro che avvertono il richiamo di questo bisogno, di questo grido di aiuto che sale da queste popolazioni.

D. - Mons. Crociata, la colletta è per domenica 18 settembre. Dunque un tempo abbastanza vicino ma non immediato. Si è pensato a settembre anche per non dimenticare, per continuare, dopo i primissimi aiuti, a seguire la situazione nel Corno d’Africa?

R. - Certamente abbiamo considerato che purtroppo questa emergenza umanitaria è destinata a durare, come l’Onu stesso ha appena dichiarato. E poi la nostra aspirazione è quella di aiutare - come credo sia nell’intenzione di tutti i Paesi e dell’Onu con i suoi organismi - queste nazioni, queste masse di gente disperata a superare l’emergenza ma poi anche a trovare le condizioni per incominciare un piccolo percorso di sviluppo. In questo senso, vorrebbe essere l’inizio di un accompagnamento che per quanto ci è possibile non verrà meno, ma durerà sul lungo periodo anche da parte nostra. In questa maniera vorremmo testimoniare l’esigenza che l’emergenza diventi un richiamo ad un rapporto nuovo, da parte dei Paesi sviluppati, da parte del nostro Paese, con Paesi in via di sviluppo che sono esposti a drammi di questa gravità. Certamente sono in difficoltà per cause naturali come la carestia e fenomeni ambientali ma anche per ragioni di violenza, di conflitto, tra le nazioni, tra i Paesi, per corruzione e sopraffazioni veramente inenarrabili e poi anche per la responsabilità che i nostri Paesi hanno tante volte - troppo egoisti - nella difesa del proprio benessere. Il benessere di alcuni, che ora è pur messo alla prova in questo tempo, è indifferente, se non addirittura in grado di provocare questi livelli drammatici di sottosviluppo che si stanno vivendo in quelle regioni. (bf)







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