L'impegno missionario in Etiopia delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Nel Corno d’Africa, oltre 12 milioni di persone, tra cui più di due milioni di bambini,
rischiano di morire a causa della siccità. Secondo l’Onu, la crisi umanitaria si aggraverà
nei prossimi mesi e, in particolare, le aree più colpite saranno quelle meridionali
della Somalia. E’ un dramma che in molte regioni dell’Africa Orientale riguarda intere
popolazioni, come sottolinea al microfono di Emanuela Campanile, suor Laura
Girotto, missionaria delle Figlie di Maria Ausiliatrice e responsabile del progetto
"Kidane Mehret" ad Adwa, in Etiopia:
R. – Da noi
arrivano soprattutto le tribù delle zone più desertiche, che sono quelle naturalmente
più colpite. Bisogna dire molto chiaramente che la siccità ha colpito tutto il Corno
d’Africa. Quindi, è veramente una situazione molto difficile in questo momento.
D.
– Quanta gente avete già accolto?
R. – Decine di migliaia. Ci sono intere
tribù, intere popolazioni che si spostano. Sono nomadi di natura, quindi si spostano
dove possono per trovare aiuto.
D. – Nella sua missione li accogliete
o la vostra è una tappa di passaggio?
R. – Sono persone di passaggio,
nel senso che cercano veramente di che sopravvivere: hanno bisogno di cibo e di acqua.
Si portano appresso i pochi animali che hanno, anche se molto spesso noi non possiamo
badare agli animali e diamo priorità assoluta alle persone, dando loro acqua e cibo.
Siamo fortunate, perché abbiamo delle scorte che sono arrivate l’anno scorso e queste
scorte di cibo preziosissimo le stiamo destinando per questa emergenza.
D.
– Perché è così importante, anche dal punto di vista territoriale, la vostra missione?
R.
– Noi siamo in una delle zone più depresse del Tigray, Adwa, nel Nord dell’Etiopia,
ai confini con il Sudan, in una terra devastata da continue guerre. La nostra presenza
sembra aver riportato la speranza per questa popolazione, che si sente tuttora dimenticata
dal resto del mondo. Non ci sono interessi economici in quella zona: ci sono solo
persone che faticano a sopravvivere, che vorrebbero avere un futuro, e noi siamo forse
riuscite a dare loro una speranza nel futuro. Abbiamo investito nell’educazione per
i bambini, ci siamo presi cura delle fasce più deboli - le donne, che sono sempre
le più discriminate – e abbiamo dato il via ad un volano, che sembra essersi messo
in moto e che veramente apre grandi speranze.
D. – In quali progetti
è impegnata la vostra missione?
R. – Stiamo costruendo un ospedale.
Nella nostra zona non ci sono ospedali degni di questo nome. Abbiamo una continua
strage degli innocenti: muoiono bambini per malattie che sarebbero totalmente curabili
anche a livello domestico nei nostri Paesi. Quindi, stiamo costruendo questo ospedale,
ma è un’impresa titanica. Chi vuole aiutarci ci dia una mano per questo ospedale e
ogni vita che sarà salvata sarà anche merito vostro. (ap)