2011-07-28 14:22:42

Washington: il cardinale Burke richiede massimo rispetto e cura per i malati


“La vita umana è un dono, al quale deve essere dato il massimo rispetto e la massima cura dall’inizio fino alla morte. Non siamo noi i creatori della vita e dobbiamo rispettare il piano dell’‘Autore’, che riguarda noi e il nostro mondo”. È quanto dichiarato dal cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica in occasione della conferenza sul tema del “mistero della sofferenza umana e della morte”, promossa nell’arcidiocesi di Kansas City dall’associazione Saint Gianna Physician’s Guild, che sostiene i valori della fede cattolica nella pratica sanitaria. Il cardinale ha evidenziato “che non importa quanto una vita sia ridotta e quanta sia la sofferenza: essa esige sempre il massimo rispetto e la massima cura; non vi è mai un diritto di spegnere una vita, nonostante sia gravata da un pesante fardello”. Il cardinale Burke - riporta L’Osservatore Romano - ha osservato la necessità per i cattolici in generale, ma soprattutto per i giovani studenti, di essere informati sulla posizione della Chiesa in merito all’eutanasia, prendendo spunto dalla vicenda di Theresa Marie Schindler Schiavo. Terri, cosi veniva soprannominata la donna, era disabile ed è morta nel 2005 in seguito della volontà dei genitori e della sentenza di una Corte, che ha imposto l’interruzione della nutrizione e dell’idratazione artificiali. Il porporato ha indicato che “la sofferenza umana non può che essere compresa alla luce del dono e della dignità umana” e ha aggiunto che “impossessarsi deliberatamente della vita di una persona innocente è intrinsecamente malvagio e mai giustificabile. I giovani - ha puntualizzato il porporato - dovrebbero seguire un certo numero di corsi di filosofia, in modo tale che in qualsiasi campo si specializzino, usino un approccio logico e pieno di fede ai problemi dalla vita”. Ha infine terminato affermando che “il rispetto della dignità della vita umana è il fondamento del buon ordine della nostra vita individuale e della nostra società”. Senza questa prospettiva “le nostre vite personali diventano profondamente disordinate e la società si trasforma in un teatro di violenza e di morte”. (G.I.)







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