Fame in Somalia: partito il primo ponte umanitario del Pam. Don Serretti: sono nostri
fratelli
Il Programma alimentare mondiale (Pam) ha annunciato che è partito oggi pomeriggio
il primo ponte aereo di aiuti alimentari destinati alla Somalia, il Paese del Corno
d'Africa più colpito dalla carestia. Da parte sua, la commissaria Ue agli aiuti umanitari
Kristalina Georgieva, di ritorno dalla missione in Kenya e Somalia, ha definito la
situazione una crisi “senza precedenti”. Per questo Bruxelles ha deciso di sbloccare
immediatamente aiuti per 27,8 milioni di euro, a cui seguiranno altri 60 milioni che
saranno resi disponibili in seguito oltre ai 70 già stanziati. La rappresentante europea
ha riferito come a Daadab, in Kenya, "oltre 400mila persone vivono in un campo previsto
per accogliere solo 90mila rifugiati", mentre ogni giorno più di 3mila somali fuggono
dal loro Paese alla ricerca di cibo e sicurezza. Intanto l’organizzazione non governativa
italiana Medici con l'Africa Cuamm ha affermato che in Uganda e in Etiopia si registra
il più alto tasso di malnutrizione infantile dell'Africa sub-Sahariana, cioè il 48%
dei bambini al di sotto dei 5 anni. Il direttore, don Dante Carraro, spiega che presso
l'ospedale di Matany nella regione ugandese di Karamoja e presso l'ospedale di Wolisso
in Etiopia nel febbraio 2010 è stato inaugurato proprio un reparto dedicato alla cura
dei bambini malnutriti che in questi giorni è sottoposto ad un enorme carico di richieste
di aiuto. Nel Corno d'Africa la carestia, la peggiore degli ultimi 60 anni, colpisce
circa 12 milioni di persone, soprattutto bambini. Oggi a Nairobi è prevista la Conferenza
dei Paesi donatori. Ma come interrogarsi da cristiani di fronte a simili tragedie?
Fausta Speranza ne ha parlato con don Massimo Serretti, docente di Cristologia
alla Pontificia Università Lateranense:
R. - Di fronte
a questi drammi che comportano una varietà di fattori - da quello politico a quello
climatico, a quello socioculturale - che si intrecciano tra di loro, oltre a cause
anche di conflitti e di guerre, la posizione del cristiano è la posizione di chi innanzitutto
sa che quella parte di umanità che viene colpita è parte di sé. Il precetto antico-testamentario
che dice ‘ama il prossimo tuo come te stesso’ secondo una traduzione ebraica può essere
reso anche come ‘ama il prossimo tuo che è te stesso’.
D. – La fame
è ingiustizia sociale che deve far ribellare le coscienze di tutti. Per il cristiano
c’è un di più?
R. – Sì, per il cristiano c’è una diversità di fondo:
non vive semplicemente l’aiuto solo come atto di solidarietà e non lo vive neanche
come una questione ideologica, ma lo vive sapendo che tutti gli uomini in quanto creature
di Dio, in quanto a immagine e somiglianza di Dio, costituiscono una famiglia.
D.
- Nei volti scavati delle persone del Corno d’Africa c’è il volto di Cristo sofferente.
Però, forse, anche come credenti ci siamo abituati persino troppo a queste immagini
e non ci toccano più di tanto o comunque anche in famiglia a volte si guarda dall’altra
parte quando c’è qualcosa che non ci piace vedere…
R. – Sì, c’è questo
lasciare ai margini certe situazioni. Proprio oggi che in realtà la possibilità di
trasferimento in maniera rapida e funzionale da una parte all’altra della faccia della
terra rende tutti molto più corresponsabili che non in altre epoche.
D.
– Don Massimo, diciamo una parola sui media: accendono i riflettori su queste tragedie
per qualche giorno e se ne parla con immagini anche molto forti, poi però - lo abbiamo
visto in passato - i riflettori si spengono e non si sa più nulla. Di fronte a questo
c’è anche la responsabilità della memoria...
R. – Certo, questo va detto
a voce alta e forte. Tra l’altro ci sono stati e ci sono ancora adesso gravissimi
ritardi nell’allerta riguardo all’emergenza umanitaria. Rispondendo a una crisi momentanea
non ci si fa carico invece di queste situazioni per quel che è possibile farsene carico.
Ci sono fattori di cui non ci si può far carico: per esempio il fatto che siano seguiti
due anni di piogge assolutamente insufficienti in quelle regioni è una cosa che parrebbe
immodificabile. Ma altri parametri invece potrebbero e dovrebbero essere modificati.
E qualora non si interviene, sia preventivamente sia successivamente, seguendo la
situazione nei suoi sviluppi, è indice del fatto che gli interventi in queste situazioni
si intendono semplicemente come umanitaristici e non si intendono questi uomini e
queste donne e questi bambini come una parte reale di noi. La consapevolezza del cristiano
dovrebbe essere quella per cui noi non potremmo vivere la nostra verità se non essendo
uniti completamente e totalmente anche a loro. (bf)