Somalia: mons. Bertin chiede di accompagnare l'azione umanitaria con quella politica
“Non vorrei che la corsa per far fronte all’emergenza umanitaria, necessaria per salvare
milioni di persone, nasconda però il problema di fondo, che è la mancanza della struttura
statale”. Lo afferma all’agenzia Fides mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore
apostolico di Mogadiscio, capitale della Somalia mentre a Roma si concludeva la riunione
di emergenza della Fao sulla gravissima crisi alimentare che ha investito il Corno
d’Africa. Il Paese più a rischio è la Somalia, da anni in preda alla guerra civile.
“Il problema della Somalia è la mancanza dello Stato - prosegue mons. Bertin -. Se
non si prende atto di questa situazione si continuano a tappare i buchi, senza risolvere
il problema. L’azione umanitaria, che deve essere fatta con urgenza, deve essere accompagnata
anche da un discorso politico con i responsabili somali. Ne ho incontrati alcuni a
Nairobi tre settimane fa - afferma Mons. Bertin -. Ho detto loro che quanto sta accadendo
deriva anche dal fatto che non sono riusciti ad esprimere una vera leadership in grado
di ricostruire le strutture statali. Si è invece privilegiato l’interesse personale
e quello della famiglia o del clan”. Secondo gli Shabab (gli appartenenti al movimento
islamista che si oppongono al governo di Mogadiscio) l’emergenza umanitaria è enfatizzata
dall’Onu per creare un pretesto per interferire nella situazione interna della Somalia.
Secondo mons. Bertin “tra gli Shabab vi sono diverse anime. Quella che aveva fatto
una dichiarazione a favore del ritorno delle Ong, è più vicina ai clan e si rende
conto che la popolazione muore di fame. Vi e poi un’altra componente, più radicale,
legata ad un certo contesto internazionale, a cui probabilmente non importa questa
tragedia”. “Insomma, gli Shabab non sono così uniti anche se danno l’impressione di
essere un movimento unitario” conclude l’amministratore apostolico di Mogadiscio.
(R.P.)