Funerali a Pinsk del cardinale Kazimierz Świątek, “testimone della fede nelle persecuzioni”
Un “atleta di Dio” che non cessava mai di essere testimone del Vangelo anche nelle
persecuzioni: con queste parole l’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz, metropolita di
Minsk-Mohilev, in Bielorussia, ha ricordato stamane la testimonianza di fede offerta
nella sua vita dal cardinale Kazimierz Świątek morto all’età di 96 anni il 21 luglio
scorso. L’arcivescovo Kondrusiewicz ha pronunciato l’omelia ai funerali, presieduti
dal cardinale Dziwisz, che si sono svolti stamane nella cattedrale della cittadina
bielorussa di Pinsk, dove riposeranno le spoglie del porporato. Il cardinale Świątek,
nato in territorio estone, già a tre anni fu deportato in Siberia con la madre, un
fratello e una sorella. Venne ordinato sacerdote a Pinsk l’8 aprile 1939 e fu incaricato
di svolgere il servizio di cappellano militare per l'esercito polacco. Dopo l’arrivo
dell’Armata Rossa, fu incarcerato, condannato a morte e liberato dalla popolazione
locale. Poi nuovamente incarcerato e condannato ai lavori forzati per dieci anni nei
gulag in Siberia, dove lavorava nelle miniere e celebrava di nascosto l’Eucaristia.
Liberato nel 1954, divenne parroco della cattedrale di Pinsk e lì – ha ricordato l’arcivescovo
Kondrusiewicz – “ha proseguito sempre il suo lavoro pastorale tra difficoltà e ostacoli
da parte del regime comunista”, fino al 1989. Il 29 ottobre 1990 fu ricevuto in udienza
da Papa Giovanni Paolo II, che lo chiamò “l’uomo della leggenda”. Nel 1991 lo ordinò
vescovo a Pinsk e poi lo nominò arcivescovo di Minsk-Mohilev e nel 1994, nonostante
l’avanzata età, lo innalzò alla dignità cardinalizia. E’ stato presidente della Conferenza
episcopale bielorussa dal 1999 al 2006. Nel 2004, fu lo stesso Giovanni Paolo II a
consegnargli personalmente il Premio “Testimone della fede”. Mons. Kondrusiewicz ha
esortato i fedeli a “non racchiudere la testimonianza del cardinale Świątek in un
reliquiario d’oro”, ma a guardare al suo esempio ai tempi di oggi, caratterizzati
non da persecuzioni ma da relativismo morale e indifferenza religiosa”. (A cura
di Fausta Speranza)