Borse in calo dopo il mancato accordo sul debito Usa
Le borse mondiali hanno aperto la settimana in netto calo e si sono mosse in territorio
negativo per tutta la mattina a causa dello stallo delle trattative sul debito Usa.
Negli Stati Uniti si fa sempre più difficile il raggiungimento dell’accordo sull’innalzamento
del tetto del deficit. L’ultimo incontro tra i partiti, avvenuto in queste ore, si
è concluso con un nulla di fatto: la Casa Bianca ha respinto la proposta dei repubblicani
su un piano in due fasi che sposterebbe il grosso dei tagli nel 2012, e cioè nel pieno
della campagna elettorale per le presidenziali. L’entourage di Obama si dice certo
che l’intesa arriverà a breve a fronte della scadenza fissata per il 2 agosto prossimo.
Ma qual è la natura dello scontro tra repubblicani e democratici? Eugenio Bonanata
lo ha chiesto a Nico Perrone, docente di Storia americana all’Università di
Bari:
R. - Si stanno
facendo le prove generali per la prossima votazione, oramai non molto lontana. E’
chiaro che i repubblicani affilano le armi e cercano di battere proprio sui punti
deboli di Obama. Quindi, l’accordo che assolutamente servirebbe a Obama per ricandidarsi
alla prossima elezione, viene reso difficile da parte repubblicana e, dal loro punto
di vista, giustamente. Io credo che questo sia realmente il nodo dello scontro.
D.
– Il punto è che manca poco più di una settimana alla scadenza del 2 agosto e quindi
lo spettro del fallimento si fa sempre più pesante…
R. – Lo spettro
del fallimento si fa sempre più pesante. Il fallimento clamoroso, però, è molto difficile.
La politica riesce ad attenuare ed ad allungare tutti i tempi e in questo Obama certamente
è maestro. Obama, finora, si è dimostrato un grande maestro della tattica ma la prova
dinanzi alla quale lui si trova è quella di trasformarsi in maestro della strategia.
È un momento difficilissimo. Se vince, non sull’immediato ma in prospettiva, è certamente
un presidente destinato a passare alla storia; altrimenti rimarrà come uno stratega
straordinario di una magnifica campagna elettorale per la prima elezione.
D.
– Per Obama quale può essere la via d’uscita?
R. – Per Obama la via
d’uscita è una via di difficilissima negoziazione con un partito repubblicano che
non vuole negoziare ma vuole la sua sconfitta. Quindi Obama non ha molte chances.
Sull’immediato deve tatticamente concedere qualche cosa per riuscire a guadagnare
un vantaggio strategico da giocare poi nel secondo mandato, se riuscirà ad averlo.
D.
- Comunque per gli Stati Uniti si apre un periodo di coperta corta, di tagli?
R.
– Direi che per gli Stati Uniti si apre un periodo di resa dei conti con quello che
loro stessi avevano costruito nel corso degli ultimi decenni. Adesso abbiamo soltanto
la constatazione di una situazione che era già in atto e che è emersa in modo drammatico
sia per il precipitare di questioni finanziarie e sia per le turbolenze internazionali
che non sono state affatto calmate. Quindi questo è il compito di Obama: riuscire
a dare la svolta, la soluzione a problemi che egli stesso aveva soltanto accantonato.
D.
- A rischio le missioni all’estero?
R. – Le missioni all’estero non
sono certamente il punto di forza degli Stati Uniti, e non solo per la presidenza
Obama ma in una prospettiva storica che oramai comincia ad avere radici abbastanza
fondate nel tempo. Se le missioni all’estero vengono in qualche modo messe in crisi,
gli Stati Uniti possono riacquistare la capacità di fare veramente una politica di
rilevanza mondiale che guadagni l’occhio attento e benevolo del mondo, perché il mondo
non vuole guerre. Certo non si deve dimenticare che gli Stati Uniti, per la loro economia,
hanno avuto bisogno e continuano ancora ad avere bisogno delle guerre, perché le guerre
sono un motore che serve per il loro sostentamento economico.