Attacco in Afghanistan: ucciso un parà italiano, il caporalmaggiore David Tobini
Ancora un militare italiano ucciso in Afghanistan. Si tratta del paracadutista David
Tobini colpito a morte durante un attacco a fuoco a Bala Murghab. Feriti altri due
soldati, uno dei quali si trova in gravi condizioni. Cordoglio dal presidente della
Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, e dal premier Silvio Berlusconi. A livello
politico, intanto, si riaccende il dibattito sulla presenza del contingente italiano
nel Paese asiatico. Proprio domani in Senato arriva il disegno di legge sul rifinanziamento
delle missioni all’estero. Paolo Ondarza: Ucciso in uno
scontro a fuoco a nord ovest di Bala Murghab, nell’Afghanistan occidentale. E’ morto
così il caporalmaggiore David Tobini, 28 anni appena compiuti lo scorso 23 luglio,
in forza al 183.mo reggimento paracadutisti «Nembo» di Pistoia. È il 41.mo italiano
a morire nel Paese asiatico dal 2004. Nell'attacco sono rimasti feriti altri due parà:
uno è in gravi condizioni, mentre l'altro non sarebbe in pericolo di vita. Il ministro
della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha spiegato che i militari alle 4.15 di mattina
erano entrati insieme alle forze afghane in un villaggio dove erano stati segnalati
materiale esplosivo e ordigni. Qui sono stati attaccati da un gruppo di insorti che
ha aperto il fuoco su di loro. Quindi l’intervento della forza aerea di reazione
alleata, che con quattro elicotteri ha bombardato la zona consentendo l'evacuazione,
«dopo un periodo non breve», alle forze italiane presenti sul territorio. E la politica
in Italia torna ad interrogarsi sul ritiro del proprio contingente alla vigilia della
discussione del rifinanziamento delle missioni all'estero, già molto contestata in
Senato. La Lega mostra perplessità, ma fa sapere che appoggerà il decreto di rifinanziamento
delle missioni. Chiede invece il ritiro l’Italia Dei Valori. Intanto, profonda commozione
per la morte del parà Tobini è stata espressa dal presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, mentre il premier Silvio Berlusconi rinnova ai soldati impegnati nelle
operazioni di pace la gratitudine del governo e del Paese. “Dalla morte dei
nostri soldati – ha detto l’oridinario militare per l’Italia mons. Vincenzo Pelvi,
dobbiamo imparare a chiederci che cos'e' l'uomo se non ci prendiamo cura dell'altro,
che cosa sarebbe la vita senza l'amore''. Ma come leggere questo ennesimo attacco
degli insorti al contingente italiano? Risponde l’analista militare Gianandrea
Gaiani, direttore di analisidifesa.it:
R. - Credo
che i talebani abbiano intenzione di dimostrare - e in qualche modo ci stanno riuscendo
- che, nonostante le forze alleate arrivate sul campo e nonostante le numerose batoste
subìte, hanno ancora una loro vivacità.
D. - Uccidere un militare italiano
può voler dire, più genericamente, uccidere un militare straniero e quindi mandare
un segnale a tutta la coalizione internazionale o forse va interpretato come un segnale
specifico all’Italia?
R. - Credo di no, anche perché nel settore di
Bala Murghan c’erano truppe italiane ma anche statunitensi e, poco più in là, anche
soldati spagnoli. Certo che, in un momento in cui , come in questo mese di luglio,
sette aree - alcune delle quali anche molto importanti - dell’Afghanistan stanno passando,
con il processo di transizione, sotto il diretto controllo delle truppe afghane, per
i talebani è importante mostrare di essere ancora in grado di condurre grandi azioni
terroristiche.
D. - Non è pensabile che i talebani siano a conoscenza
del dibattito, in Italia, sul rifinanziamento delle missioni italiane all’estero,
che proprio in questi giorni si sta discutendo in Senato?
R. - Credo
che ci sia sicuramente, a livello di vertice e di comando dei talebani, degli insorti,
un controllo capillare anche di quelli che sono i dibattiti interni ai vari Paesi.
Credo, però, che questi problemi li abbiano anche altri Paesi.
D. -
Va ripensato qualcosa nella presenza dei vari contingenti in Afghanistan?
R.
- Credo che ci sia un rischio generale di un ritiro troppo rapido. Penso che più di
pensare ad un ritiro per quanto riguarda il settore italiano, occorra pensare ad un
rischiaramento. Potrebbe essere auspicabile, nel momento in cui alcune zone diventano
sicure e gli afghani possono controllarle da soli, prelevare le truppe schierate in
queste zone e trasferirle dove invece la sicurezza è ancora più aleatoria, magari
fornendo loro più mezzi. (vv)