Manifestazione a dieci anni dal G8 di Genova: interviste con mons. Domenico Sigalini
e Sergio Marelli
Si svolge oggi a Genova il corteo per ricordare, 10 anni dopo, le violenze del G8
del 2001. Gli organizzatori attendono 10 mila persone. Imponente il servizio d'ordine:
circa 500 uomini, blindati, elicotteri. Negozi chiusi lungo il percorso: si temono
disordini. Ancora aperto il dibattito sui fatti di Genova. Ma che ruolo rivestì il
mondo dell'associazionismo cattolico durante il G8 di dieci anni fa? Fabio Colagrande
lo ha chiesto a mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente
ecclesiastico generale dell'Azione cattolica italiana:
R. – Proprio
perché volevamo che il mondo cattolico fosse presente in queste grandi discussioni,
e conoscendo la difficoltà di intervenire entro le manifestazioni che erano piuttosto
predeterminate e abbastanza violente, il mondo cattolico di allora, due settimane
prima, fece una sorta di G8 cattolico a Genova, aiutato anche dal cardinale Tettamanzi;
si organizzarono incontri, una giornata di studio, anche qualche piccola manifestazione
proprio per dire la nostra su questo tipo di problema. A noi sembrava, infatti, che
il mondo cattolico fosse un po’ troppo esterno a queste proposte che venivano dai
vari movimenti ai grandi della terra. Abbiamo anticipato il G8 proprio per far convergere
il mondo cattolico su queste tematiche, indipendentemente dalla manifestazione. E
questo ci ha permesso di dire chiaramente il nostro pensiero. Tra gli altri, era intervenuto
anche il cardinale Tettamanzi, all’epoca arcivescovo di Genova. E il Papa, in un Angelus,
aveva appoggiato la nostra riflessione, la nostra richiesta. Quello che avvenne poi,
15 giorni dopo, cioè durante i famosi fatti luttuosi del G8, comprendeva sicuramente
anche rappresentanti del mondo cattolico, con la consapevolezza, però, che avremmo
potuto fare emergere molto poco la nostra proposta in termini dialogici, culturali,
in termini anche di possibilità di ascolto.
D. – Nei giorni del vero
e proprio G8 arrivarono dunque in città per manifestare per una globalizzazione più
giusta anche molti cattolici. Secondo lei, sbagliarono a scendere in piazza?
R.
– Secondo me, furono un po’ imprudenti, perché noi avevamo appena fatto questo discorso.
Io ho vissuto il ’68 a Milano, e quando si facevano grosse manifestazioni o si era
a capo della manifestazione, o si doveva soccombere a tutti quelli che avevano già
organizzato, anche con la violenza, i loro scontri. Questo sta capitando per la Tav,
sta capitando in tante altre realtà. Cioè, per potere controllare manifestazioni di
questo tipo in cui sono presenti la stampa, i media, è più capace di intervenire la
violenza, piuttosto che il ragionamento. Ecco perché noi, dal punto di vista culturale,
volevamo che il cristianesimo non fosse assente da questa ricerca di giustizia mondiale,
ma volevamo però anche distinguerci dai metodi violenti che poi purtroppo sono capitati.
D.
– C’è chi dice che i cattolici non dovrebbero occuparsi di questi temi: così rischiano
di fare politica e si allontanano dall’annuncio del Vangelo …
R. – Noi
dobbiamo servire Nostro Signore che vuole che il mondo sia una casa di pace per tutti,
che ci sia la giustizia nel mondo, che non continuino le guerre. Noi dobbiamo essere
in termini assolutamente pacifici all’interno di tutte le realtà che promuovono la
bellezza del Creato, la giustizia, il rispetto dei diritti umani perché tutti possano
vivere in modo dignitoso. E’ assurdo che con tutto il cibo che buttiamo, ci sia ancora
gente che muore di fame! E se un cristiano non pensa a questo, che cristiano è? Il
Signore ci domanderà conto di come abbiamo costruito muri nel mondo per far morire
le persone di fame … (gf)
Ma quali sono state per il movimento le ricadute
delle violenze? Francesca Sabatinelli ne ha parlato con segretario generale
della Focsiv, Sergio Marelli, allora presidente dell’associazione Ong Italiane:
R. – Sicuramente
lì ci fu un risultato alquanto negativo. Le manifestazioni di violenza e, purtroppo,
poi anche l’assassinio di Carlo Giuliani, gettarono un discredito indiscriminatamente
su tutto il movimento della società civile. L’opinione pubblica, che fino a quel momento
in qualche modo era anche maggioritariamente con noi, si schierò contro, perché appunto
indotta a fare di ogni erba un fascio. Quindi, da allora il movimento no global iniziò
un declino del quale ancora oggi si pagano le conseguenze.
D. – L’ingenuità
ma anche la convinzione di questo movimento, la voglia di fare politica, oggi sono
rimaste?
R. – Penso di sì. Io non penso manchi la volontà di partecipare
alla cosa pubblica, quindi alla politica, quanto piuttosto manchino gli sbocchi concreti
e anche forse una progettazione per sostenere, per educare, soprattutto i giovani,
a partecipare alla cosa pubblica, alla politica. Noi sappiamo tutti che l’invito alla
partecipazione deve essere fatto anche attraverso stimoli, progetti che sostengano
questa partecipazione, ma anche poi dimostrando che chi si impegna può anche trovare
sbocchi concreti. In assenza di questo la volontà che ancora c’è rischia sicuramente
di spegnersi.(bf)
Dieci anni fa erano dunque presenti a Genova
anche le maggiori realtà dell'associazionismo cattolico italiano. Ma che esito ha
avuto quel movimento che chiedeva un'altra globalizzazione? Fabio Colagrande
lo ha chiesto all'economista Riccardo Moro che fu
tra i responsabili di quel contributo del mondo cattolico al movimento no-global.