2011-07-22 15:21:19

Carovita in Malawi, esplodono le violenze: 18 i morti. Appello dei vescovi


Stati Uniti, Onu e Unione Europea hanno condannato l’uso della forza in Malawi, dove ieri la polizia è intervenuta per disperdere alcune manifestazioni antigovernative provocando almeno 18 vittime. Oggi fonti della sicurezza riferiscono di oltre 200 arresti eseguiti in varie città negli ultimi due giorni. I vescovi del Malawi hanno invitato alla calma, esortando i dimostranti a fermare ogni forma di violenza e di saccheggio e chiedendo al governo di aprire una chiara linea di dialogo con tutte le parti interessate. Ma qual è il clima nel Paese africano in queste ore? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a padre Piergiorgio Gamba, missionario dei monfortani che vive da anni in Malawi:RealAudioMP3

R. – Il clima è certamente di attesa dopo la violenza che ha fatto seguito a una manifestazione che era rimasta nei limiti di una manifestazione pacifica; poi è diventata violenta proprio per il modo con cui è intervenuta la polizia, un modo molto pesante. Adesso si sta calmando anche perché è intervenuto l’esercito che in Malawi è considerato dalla parte della gente.

D. - La gente reclama la mancanza di cibo, l’aumento dei prezzi e la carenza di carburante…

R. - In particolare la mancanza di energia elettrica. Si tratta di beni che non erano mai venuti a mancare in un modo così vistoso come lo sono attualmente, con la risposta del ministro dei Trasporti che, davanti a quello che la gente chiede, dice: “Eh, bisognerà abituarsi a questa situazione”.

D. - Quali sono state le reazioni della presidenza?

R. – Il Paese ha fatto scelte legate a un’autarchia estrema. Il presidente porta avanti discorsi ideologici di patriottismo e indipendenza che poi non corrispondono alla realtà del Paese.

D. - Come si vive in Malawi?

R. – La popolazione, in grandissima maggioranza, vive ancora con meno di un dollaro al giorno e c’è una estrema povertà. In questi ultimi anni però c’era tanta speranza, il Paese aveva raggiunto una crescita del 7 per cento, quindi tra le più alte al mondo. Certo, questa crescita non si vedeva nel villaggio, però si vedeva un Paese, che nella stabilità che lo caratterizza - perché rimane uno dei Paesi che non ha mai avuto esperienze di guerra - ha voluto dire chiaramente che non era più possibile continuare così.

D. – Qual è il messaggio che emerge da queste manifestazioni?

R. – Queste manifestazioni accusano il governo di portare il Paese a un aumento della povertà insostenibile e vogliono che cambi.

D. – Com’è stata la reazione della Chiesa locale?

R. – La Chiesa cattolica, il 30 ottobre 2010, all’inizio dell’Avvento, aveva presentato un programma dove esprimeva i sentimenti della gente che si sentiva andare alla deriva, abbandonata dalla politica e dai propri leader. Da lì il presidente ha chiuso ogni dialogo con la Chiesa. La Chiesa è una presenza molto forte - sono otto diocesi, otto vescovi di cui sei africani e due europei - e ha continuato la ricerca del dialogo. Immediatamente prima di queste manifestazioni aveva fatto sentire forte il suo messaggio parlando di una manifestazione pacifica a tutti i costi. Il giorno della manifestazione, quando ormai stava scadendo nella violenza, c’è stata poi una lettera in cui il rappresentante dei vescovi chiedeva il dialogo con la presidenza, e, allo stesso tempo, chiedeva alla gente di evitare qualsiasi forma di violenza e di confrontarsi con la dirigenza politica.







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