2011-07-19 14:41:50

Il Rapporto sulla diocesi irlandese di Cloyne: intervista con mons. Clifford e nota di padre Lombardi


La Chiesa irlandese sta vivendo un momento di grande sofferenza, dopo il nuovo Rapporto commissionato dal governo sugli abusi commessi dal clero locale contro minori, reso noto mercoledì scorso. Durante la Messa domenicale di due giorni fa, l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, ha ammesso con schiettezza che sebbene la Chiesa cattolica in Irlanda sia “un luogo più sicuro oggi di quanto non lo fosse anche nel recente passato”, tuttavia non ha ancora “imparato la lezione” dagli errori fatti nel gestire la crisi degli abusi sessuali. Il presule ha anche esortato i fedeli a non dimenticare il bene compiuto da tanti sacerdoti irreprensibili e a non cedere alla frustrazione o all’indifferenza. Sempre durante la Messa di domenica scorsa, in tutte le parrocchie irlandesi è stata letta una lettera dell’amministratore apostolico di Cloyne, l’arcivescovo Dermot Clifford. Emer McCarthy, della redazione inglese della nostra emittente, lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – In every part, especially in Cloyne, there is at…
In ogni parte d’Irlanda, in particolare a Cloyne, c’è almeno una persona che è stata formata e che seguirà un corso di aggiornamento per quanto riguarda la protezione dei bambini. Ognuno, a partire dal vescovo, ha il dovere di firmare, in sagrestia, per la propria partecipazione a qualsiasi attività. Ogni sacerdote nella diocesi di Cloyne è soggetto a controllo dell’autorità giudiziaria al fine di essere dichiarato “fit for being with children”, cioè idoneo a trattare con i minori: questo significa che nei suoi riguardi non esistono accuse, nemmeno nel passato o riguardo i diversi luoghi nei quali egli abbia svolto il suo ministero. Queste persone sono fedeli e, nonostante gli scandali, sono sempre rimaste fedeli alla loro vocazione e sono il nostro maggiore sostegno. All’incarico di preparazione al contatto con i bambini, abbiamo ora nominato un laico: è Bill Meaghar, un operatore sociale che ha lavorato nel campo sanitario dei Servizi sociali. Le persone che hanno subito abusi si fidano di lui, mentre hanno perso ampiamente la fiducia nei sacerdoti: lui, al contrario, ha credibilità, così come ne ha Ian Elliott, che è a capo del “National Board”. E’ stato lui che per primo si è accorto delle manchevolezze nella diocesi di Cloyne, ma quando si è recato a Cloyne, gli è stato negato l’accesso alla documentazione perché non gli è stato riconosciuto il diritto di controllare. Per questo, Elliott ha condotto una sorta di indagine per suo conto, con esito negativo per la diocesi di Cloyne.

D. – Eccellenza, ccome vi muoverete da qui in avanti? Questo è il quarto Rapporto sulle accuse di abusi commessi nella Chiesa irlandese. Sicuramente, il suo impegno nel ricostruire la fiducia nei sacerdoti e il suo ruolo di amministratore apostolico di questa arcidiocesi è molto faticoso. Sappiamo tutti che un certo tipo di “cultura clericale” è insita nella Chiesa d’Irlanda: quanto è difficile eliminarla?

R. – I think that most dioceses for a long time have been carrying out these …
Credo che la maggior parte delle diocesi abbiano applicato le linee guida stabilite. Lo stesso “National Board”, nella persona di Ian Elliott, afferma che ormai tutti i vescovi denunciano eventuali sospetti alle autorità civili. Di questo lui è assolutamente certo. In ogni diocesi ci sono laici buoni, onesti e fedeli a Dio, persone attente, soggette a una formazione continua e questo rende sempre più difficile che, nell’ambito della Chiesa, un pedofilo riesca ad avvicinarsi ad un minore. E a Cloyne, come in qualsiasi altra diocesi, esiste una Commissione che si occupa di gestire e di controllare ogni parrocchia, affinché siano esposti tutti gli avvisi necessari e affinché nelle sagrestie ci siano i libri per le firme: questo per fare in modo che chiunque partecipi a qualsiasi attività della Chiesa abbia il nulla osta della polizia, garantendo con ciò che non vi sono tracce di sospetti per quanto riguarda l’approccio ai minori. Questo significa che è stata istituita una struttura molto attenta e severa.

D. – Pentimento, rinnovamento, guarigione: sono parole-chiave, ma solo parole. Come intende metterle in pratica la Chiesa irlandese?

R. – We had the Visitation here in Cashel …
Tra gennaio e febbraio abbiamo avuto, qui a Cashel, il visitatore apostolico. Abbiamo celebrato una bella Messa di riconciliazione e anche quella di Dublino è stata molto toccante, organizzata dalle vittime stesse. Di celebrazioni simili ne organizzeremo altre, nelle quali daremo alle vittime la possibilità di partecipare, di essere parte fondamentale delle cerimonie di guarigione. Questi incontri dovranno essere preparati con molta cautela e grande sensibilità, ogni aspetto dovrà essere ben monitorato e assistito. Questo è un punto. Ma a prescindere da ciò, stiamo preparando comunque un programma di rinnovamento sulla scia della lettera del Papa. E stiamo anche preparando il Congresso eucaristico. Ecco, queste sono tutte occasioni per diventare una Chiesa umile, che accoglie le vittime, che si occupa amorevolmente di loro e le aiuta in ogni modo. (gf)

Sul Rapporto stilato dal governo irlandese riguardante la diocesi di Cloyne si sofferma il direttore della Radio Vaticana, padre Federico Lombardi. Le sue, precisa, sono riflessioni personali e "non costituiscono in alcun modo la risposta ufficiale della Santa Sede", che invece risponderà "nelle forme e nei tempi appropriati". Di seguito, la considerazione di padre Lombardi:RealAudioMP3

Il Rapporto della Commissione di inchiesta irlandese sui casi di abuso su minori commessi da membri del clero nella Diocesi di Cloyne, pubblicato il 13 luglio, come quello che lo aveva preceduto sulla Arcidiocesi di Dublino, ha ancora una volta messo in luce la gravità dei fatti avvenuti, questa volta anche in un periodo piuttosto recente. Il periodo preso in esame dal nuovo Rapporto va infatti dal 1.1.1996 al 1.2.2009. Le autorità irlandesi hanno inoltrato a Roma tramite il Nunzio copia del Rapporto chiedendo una reazione da parte della Santa Sede; si deve quindi prevedere che essa darà i suoi commenti e le sue risposte nelle forme e nei tempi appropriati. Per parte nostra pensiamo comunque opportuno esprimere alcune considerazioni sul Rapporto e i suoi echi, considerazioni che – come appena detto - non costituiscono però in alcun modo la risposta ufficiale della Santa Sede.

Anzitutto ci sembra doveroso richiamare e rinnovare gli intensi sentimenti di dolore e di riprovazione espressi dal Papa in occasione del suo incontro con i vescovi irlandesi, convocati in Vaticano l’11 dicembre del 2009 proprio per affrontare insieme la difficile situazione della Chiesa in Irlanda alla luce del Rapporto sull’Arcidiocesi di Dublino, allora recentemente pubblicato. Il Papa parlava allora apertamente di “sconcerto e vergogna” per “i crimini odiosi”. E’ da ricordare che proprio in seguito a tale incontro, e ad uno successivo del 15 e 16 febbraio 2010, il Papa ha pubblicato la sua nota e ampia Lettera ai Cattolici dell’Irlanda, del 19 marzo successivo, in cui si trovano le espressioni più forti ed eloquenti di partecipazione alle sofferenze delle vittime e delle loro famiglie, come pure di richiamo alle terribili responsabilità dei colpevoli e alle mancanze di responsabili della Chiesa nei loro compiti di governo o di sorveglianza. Una delle azioni concrete seguite alla Lettera del Papa è la visita apostolica alla Chiesa in Irlanda, articolata nelle visite alle quattro archidiocesi, ai seminari e alle Congregazioni religiose, visita i cui risultati sono in uno stadio avanzato di studio e di valutazione.

E’ giusto quindi riconoscere l’impegno deciso posto dalla Santa Sede nell’incoraggiare e appoggiare efficacemente tutti gli sforzi della Chiesa in Irlanda per la “guarigione ed il rinnovamento” necessari per superare definitivamente la crisi connessa alla drammatica piaga degli abusi sessuali nei confronti di minori. Come è giusto anche riconoscere l’impegno posto dalla Santa Sede sul versante normativo, con la chiarificazione e il rinnovamento delle norme canoniche riguardanti la materia degli abusi sessuali su minori, che hanno avuto - come noto - tappe fondamentali con il Motu proprio del 2001, la unificazione delle competenze sotto la Congregazione per la Dottrina della Fede, e i successivi aggiornamenti fino alla promulgazione delle norme riformulate nel luglio del 2010.

Per quanto riguarda il passato più lontano, ha avuto in questi giorni particolare risonanza una lettera del 1997, cioè di 14 anni fa, - riportata nel nuovo Rapporto, ma già pubblicata nel gennaio scorso - indirizzata dall’allora Nunzio in Irlanda alla Conferenza Episcopale, con la quale, in base a indicazioni ricevute dalla Congregazione del Clero, metteva in rilievo che il Documento “Child Sexual Abuse: Framework for a Church Response” si prestava ad obiezioni, perché conteneva aspetti la cui compatibilità con la legge canonica universale erano problematici. E’ giusto ricordare che tale Documento era stato inviato alla Congregazione non come documento ufficiale della Conferenza Episcopale, ma come “Report of the Irish Catholic Bishops’ Advisory Committee on Child Sexual Abuse by Priests and Religious” e che nella sua Premessa si affermava: “Questo documento è lungi dal rappresentare l’ultima parola su come affrontare i problemi che sono stati sollevati - This document is far from being the last word on how to address the issues that have been raised”. Che la Congregazione proponesse delle obiezioni era quindi comprensibile e legittimo, tenuto conto della competenza di Roma per quanto riguarda le leggi della Chiesa, e – anche se si può discutere sull’adeguatezza dell’intervento romano di allora in rapporto alla gravità della situazione irlandese - non vi è alcuna ragione per interpretare tale lettera come intesa a occultare i casi di abuso. In realtà, si metteva in guardia dal rischio che si prendessero provvedimenti che poi si rivelassero contestabili o invalidi dal punto di vista canonico, vanificando così lo stesso scopo di sanzioni efficaci che i vescovi irlandesi si proponevano.

Allo stesso tempo non vi è assolutamente nulla nella lettera che suoni invito a non rispettare le leggi del Paese. Nello stesso periodo il Card. Castrillon Hoyos, allora Prefetto della Congregazione per il Clero, così si esprimeva incontrando i Vescovi irlandesi: “La Chiesa attraverso i suoi pastori, non deve, nel modo più assoluto, ostacolare il legittimo cammino della giustizia civile, mentre, simultaneamente, dà avvio alle regolari procedure canoniche” (Rosses Point, Sligo, 12.11.1998). Le obiezioni a cui faceva riferimento la lettera circa un obbligo di informazione alle autorità civili (“mandatory reporting”), non si opponevano ad alcuna legge civile in tal senso, perché essa non esisteva in Irlanda a quel tempo (e le proposte di introdurla sono state oggetto di discussione per diversi motivi nello stesso ambito civile). Risulta perciò curiosa la gravità di certe critiche mosse al Vaticano, come se la Santa Sede fosse colpevole di non aver dato valore di legge canonica a norme a cui uno Stato non aveva ritenuto necessario dare valore di legge civile! Nell’attribuire gravi responsabilità alla Santa Sede per ciò che è avvenuto in Irlanda, simili accuse sembrano andare assai aldilà di quanto asserito nello stesso Rapporto (che usa toni più equilibrati nell’attribuzione delle responsabilità) e non manifestano la consapevolezza di ciò che la Santa Sede ha effettivamente fatto nel corso degli anni per contribuire ad affrontare efficacemente il problema.
In conclusione: come hanno dichiarato diversi vescovi irlandesi, la pubblicazione del Rapporto sulla Diocesi di Cloyne segna una nuova tappa del lungo e faticoso cammino di ricerca della verità, di penitenza e purificazione, di guarigione e rinnovamento della Chiesa in Irlanda, a cui la Santa Sede non si sente affatto estranea, ma vi partecipa con solidarietà e impegno nelle diverse forme che abbiamo ricordato.







All the contents on this site are copyrighted ©.