Il Rapporto sulla diocesi irlandese di Cloyne: intervista con mons. Clifford e nota
di padre Lombardi
La Chiesa irlandese sta vivendo un momento di grande sofferenza, dopo il nuovo Rapporto
commissionato dal governo sugli abusi commessi dal clero locale contro minori, reso
noto mercoledì scorso. Durante la Messa domenicale di due giorni fa, l’arcivescovo
di Dublino, Diarmuid Martin, ha ammesso con schiettezza che sebbene la Chiesa cattolica
in Irlanda sia “un luogo più sicuro oggi di quanto non lo fosse anche nel recente
passato”, tuttavia non ha ancora “imparato la lezione” dagli errori fatti nel gestire
la crisi degli abusi sessuali. Il presule ha anche esortato i fedeli a non dimenticare
il bene compiuto da tanti sacerdoti irreprensibili e a non cedere alla frustrazione
o all’indifferenza. Sempre durante la Messa di domenica scorsa, in tutte le parrocchie
irlandesi è stata letta una lettera dell’amministratore apostolico di Cloyne, l’arcivescovo
Dermot Clifford. Emer McCarthy, della redazione inglese della nostra emittente,
lo ha intervistato:
R. – In
every part, especially in Cloyne, there is at… In ogni parte d’Irlanda,
in particolare a Cloyne, c’è almeno una persona che è stata formata e che seguirà
un corso di aggiornamento per quanto riguarda la protezione dei bambini. Ognuno, a
partire dal vescovo, ha il dovere di firmare, in sagrestia, per la propria partecipazione
a qualsiasi attività. Ogni sacerdote nella diocesi di Cloyne è soggetto a controllo
dell’autorità giudiziaria al fine di essere dichiarato “fit for being with children”,
cioè idoneo a trattare con i minori: questo significa che nei suoi riguardi non esistono
accuse, nemmeno nel passato o riguardo i diversi luoghi nei quali egli abbia svolto
il suo ministero. Queste persone sono fedeli e, nonostante gli scandali, sono sempre
rimaste fedeli alla loro vocazione e sono il nostro maggiore sostegno. All’incarico
di preparazione al contatto con i bambini, abbiamo ora nominato un laico: è Bill Meaghar,
un operatore sociale che ha lavorato nel campo sanitario dei Servizi sociali. Le persone
che hanno subito abusi si fidano di lui, mentre hanno perso ampiamente la fiducia
nei sacerdoti: lui, al contrario, ha credibilità, così come ne ha Ian Elliott, che
è a capo del “National Board”. E’ stato lui che per primo si è accorto delle manchevolezze
nella diocesi di Cloyne, ma quando si è recato a Cloyne, gli è stato negato l’accesso
alla documentazione perché non gli è stato riconosciuto il diritto di controllare.
Per questo, Elliott ha condotto una sorta di indagine per suo conto, con esito negativo
per la diocesi di Cloyne.
D. – Eccellenza, ccome vi muoverete da qui
in avanti? Questo è il quarto Rapporto sulle accuse di abusi commessi nella Chiesa
irlandese. Sicuramente, il suo impegno nel ricostruire la fiducia nei sacerdoti e
il suo ruolo di amministratore apostolico di questa arcidiocesi è molto faticoso.
Sappiamo tutti che un certo tipo di “cultura clericale” è insita nella Chiesa d’Irlanda:
quanto è difficile eliminarla?
R. – I think that most dioceses for a
long time have been carrying out these … Credo che la maggior parte delle
diocesi abbiano applicato le linee guida stabilite. Lo stesso “National Board”, nella
persona di Ian Elliott, afferma che ormai tutti i vescovi denunciano eventuali sospetti
alle autorità civili. Di questo lui è assolutamente certo. In ogni diocesi ci sono
laici buoni, onesti e fedeli a Dio, persone attente, soggette a una formazione continua
e questo rende sempre più difficile che, nell’ambito della Chiesa, un pedofilo riesca
ad avvicinarsi ad un minore. E a Cloyne, come in qualsiasi altra diocesi, esiste una
Commissione che si occupa di gestire e di controllare ogni parrocchia, affinché siano
esposti tutti gli avvisi necessari e affinché nelle sagrestie ci siano i libri per
le firme: questo per fare in modo che chiunque partecipi a qualsiasi attività della
Chiesa abbia il nulla osta della polizia, garantendo con ciò che non vi sono tracce
di sospetti per quanto riguarda l’approccio ai minori. Questo significa che è stata
istituita una struttura molto attenta e severa.
D. – Pentimento, rinnovamento,
guarigione: sono parole-chiave, ma solo parole. Come intende metterle in pratica la
Chiesa irlandese?
R. – We had the Visitation here in Cashel … Tra
gennaio e febbraio abbiamo avuto, qui a Cashel, il visitatore apostolico. Abbiamo
celebrato una bella Messa di riconciliazione e anche quella di Dublino è stata molto
toccante, organizzata dalle vittime stesse. Di celebrazioni simili ne organizzeremo
altre, nelle quali daremo alle vittime la possibilità di partecipare, di essere parte
fondamentale delle cerimonie di guarigione. Questi incontri dovranno essere preparati
con molta cautela e grande sensibilità, ogni aspetto dovrà essere ben monitorato e
assistito. Questo è un punto. Ma a prescindere da ciò, stiamo preparando comunque
un programma di rinnovamento sulla scia della lettera del Papa. E stiamo anche preparando
il Congresso eucaristico. Ecco, queste sono tutte occasioni per diventare una Chiesa
umile, che accoglie le vittime, che si occupa amorevolmente di loro e le aiuta in
ogni modo. (gf)
Sul Rapporto stilato dal governo irlandese riguardante
la diocesi di Cloyne si sofferma il direttore della Radio Vaticana, padre Federico
Lombardi. Le sue, precisa, sono riflessioni personali e "non costituiscono in
alcun modo la risposta ufficiale della Santa Sede", che invece risponderà "nelle forme
e nei tempi appropriati". Di seguito, la considerazione di padre Lombardi:
Il Rapporto
della Commissione di inchiesta irlandese sui casi di abuso su minori commessi da membri
del clero nella Diocesi di Cloyne, pubblicato il 13 luglio, come quello che lo aveva
preceduto sulla Arcidiocesi di Dublino, ha ancora una volta messo in luce la gravità
dei fatti avvenuti, questa volta anche in un periodo piuttosto recente. Il periodo
preso in esame dal nuovo Rapporto va infatti dal 1.1.1996 al 1.2.2009. Le autorità
irlandesi hanno inoltrato a Roma tramite il Nunzio copia del Rapporto chiedendo una
reazione da parte della Santa Sede; si deve quindi prevedere che essa darà i suoi
commenti e le sue risposte nelle forme e nei tempi appropriati. Per parte nostra pensiamo
comunque opportuno esprimere alcune considerazioni sul Rapporto e i suoi echi, considerazioni
che – come appena detto - non costituiscono però in alcun modo la risposta ufficiale
della Santa Sede.
Anzitutto ci sembra doveroso richiamare e rinnovare
gli intensi sentimenti di dolore e di riprovazione espressi dal Papa in occasione
del suo incontro con i vescovi irlandesi, convocati in Vaticano l’11 dicembre del
2009 proprio per affrontare insieme la difficile situazione della Chiesa in Irlanda
alla luce del Rapporto sull’Arcidiocesi di Dublino, allora recentemente pubblicato.
Il Papa parlava allora apertamente di “sconcerto e vergogna” per “i crimini odiosi”.
E’ da ricordare che proprio in seguito a tale incontro, e ad uno successivo del 15
e 16 febbraio 2010, il Papa ha pubblicato la sua nota e ampia Lettera ai Cattolici
dell’Irlanda, del 19 marzo successivo, in cui si trovano le espressioni più forti
ed eloquenti di partecipazione alle sofferenze delle vittime e delle loro famiglie,
come pure di richiamo alle terribili responsabilità dei colpevoli e alle mancanze
di responsabili della Chiesa nei loro compiti di governo o di sorveglianza. Una delle
azioni concrete seguite alla Lettera del Papa è la visita apostolica alla Chiesa in
Irlanda, articolata nelle visite alle quattro archidiocesi, ai seminari e alle Congregazioni
religiose, visita i cui risultati sono in uno stadio avanzato di studio e di valutazione.
E’
giusto quindi riconoscere l’impegno deciso posto dalla Santa Sede nell’incoraggiare
e appoggiare efficacemente tutti gli sforzi della Chiesa in Irlanda per la “guarigione
ed il rinnovamento” necessari per superare definitivamente la crisi connessa alla
drammatica piaga degli abusi sessuali nei confronti di minori. Come è giusto anche
riconoscere l’impegno posto dalla Santa Sede sul versante normativo, con la chiarificazione
e il rinnovamento delle norme canoniche riguardanti la materia degli abusi sessuali
su minori, che hanno avuto - come noto - tappe fondamentali con il Motu proprio del
2001, la unificazione delle competenze sotto la Congregazione per la Dottrina della
Fede, e i successivi aggiornamenti fino alla promulgazione delle norme riformulate
nel luglio del 2010.
Per quanto riguarda il passato più lontano, ha
avuto in questi giorni particolare risonanza una lettera del 1997, cioè di 14 anni
fa, - riportata nel nuovo Rapporto, ma già pubblicata nel gennaio scorso - indirizzata
dall’allora Nunzio in Irlanda alla Conferenza Episcopale, con la quale, in base a
indicazioni ricevute dalla Congregazione del Clero, metteva in rilievo che il Documento
“Child Sexual Abuse: Framework for a Church Response” si prestava ad obiezioni, perché
conteneva aspetti la cui compatibilità con la legge canonica universale erano problematici.
E’ giusto ricordare che tale Documento era stato inviato alla Congregazione non come
documento ufficiale della Conferenza Episcopale, ma come “Report of the Irish Catholic
Bishops’ Advisory Committee on Child Sexual Abuse by Priests and Religious” e che
nella sua Premessa si affermava: “Questo documento è lungi dal rappresentare l’ultima
parola su come affrontare i problemi che sono stati sollevati - This document is far
from being the last word on how to address the issues that have been raised”. Che
la Congregazione proponesse delle obiezioni era quindi comprensibile e legittimo,
tenuto conto della competenza di Roma per quanto riguarda le leggi della Chiesa, e
– anche se si può discutere sull’adeguatezza dell’intervento romano di allora in rapporto
alla gravità della situazione irlandese - non vi è alcuna ragione per interpretare
tale lettera come intesa a occultare i casi di abuso. In realtà, si metteva in guardia
dal rischio che si prendessero provvedimenti che poi si rivelassero contestabili o
invalidi dal punto di vista canonico, vanificando così lo stesso scopo di sanzioni
efficaci che i vescovi irlandesi si proponevano.
Allo stesso tempo non
vi è assolutamente nulla nella lettera che suoni invito a non rispettare le leggi
del Paese. Nello stesso periodo il Card. Castrillon Hoyos, allora Prefetto della Congregazione
per il Clero, così si esprimeva incontrando i Vescovi irlandesi: “La Chiesa attraverso
i suoi pastori, non deve, nel modo più assoluto, ostacolare il legittimo cammino della
giustizia civile, mentre, simultaneamente, dà avvio alle regolari procedure canoniche”
(Rosses Point, Sligo, 12.11.1998). Le obiezioni a cui faceva riferimento la lettera
circa un obbligo di informazione alle autorità civili (“mandatory reporting”), non
si opponevano ad alcuna legge civile in tal senso, perché essa non esisteva in Irlanda
a quel tempo (e le proposte di introdurla sono state oggetto di discussione per diversi
motivi nello stesso ambito civile). Risulta perciò curiosa la gravità di certe critiche
mosse al Vaticano, come se la Santa Sede fosse colpevole di non aver dato valore di
legge canonica a norme a cui uno Stato non aveva ritenuto necessario dare valore di
legge civile! Nell’attribuire gravi responsabilità alla Santa Sede per ciò che è avvenuto
in Irlanda, simili accuse sembrano andare assai aldilà di quanto asserito nello stesso
Rapporto (che usa toni più equilibrati nell’attribuzione delle responsabilità) e non
manifestano la consapevolezza di ciò che la Santa Sede ha effettivamente fatto nel
corso degli anni per contribuire ad affrontare efficacemente il problema. In
conclusione: come hanno dichiarato diversi vescovi irlandesi, la pubblicazione del
Rapporto sulla Diocesi di Cloyne segna una nuova tappa del lungo e faticoso cammino
di ricerca della verità, di penitenza e purificazione, di guarigione e rinnovamento
della Chiesa in Irlanda, a cui la Santa Sede non si sente affatto estranea, ma vi
partecipa con solidarietà e impegno nelle diverse forme che abbiamo ricordato.