Manovra economica: da domani in vigore alcune norme. Intervista con Campiglio e Baggio
La manovra e' stata pubblica oggi in Gazzetta Ufficiale. Entrano cosi' in vigore da
domani alcune norme come i rincari del bollo sul deposito titoli, il superbollo per
le auto di lusso, l'aumento dell'Irap, i ticket sanitari. Per la maggioranza il provvedimento
sanerà i conti pubblici, per l’opposizione a pagare saranno soprattutto le famiglie.
Intervistato da Alessandro Guarasci, l’economista Luigi Campiglio dice
che è una manovra fatta per il 60% da combinazioni che portano nuove entrate.
A suscitare
reazioni negative riguardo alla manovra varata ieri è anche lo scarso peso dei tagli
ai costi della politica, tagli in precedenza promessi. Stipendi, benefici, strutture
amministrative rimangono intatti. Una mancata partecipazione ai sacrifici richiesti
dal provvedimento, su cui LucaCollodi ha chiesto il parere del prof.
Antonio Maria Baggio, docente di Etica politica all’Istituto universitario
Sophia di Loppiano.
R. - Direi che
anche se ci fossero stati dei tagli pesanti a tutto ciò che riguarda lo stile di vita
dei nostri politici, non avremmo comunque totalizzato una quantità di risparmio tale
da sostituire la manovra, questo è pacifico. Certo che il messaggio, invece, è simbolico:
il politico che si tassa lo stipendio, che riduce i privilegi che ha, dice al Paese
“Io sono al servizio del Paese e voglio soffrire insieme ai cittadini, ai quali impongo
dei pesi piuttosto gravosi”. Ci sarebbero stati dei provvedimenti molto utili da prendere.
Innanzitutto, realizzare l’abolizione delle province, se ne parla molto. Ma non lo
hanno fatto. Adesso nessuno, a livello politico, si sente di farlo, perché tutti si
stanno preparando alle elezioni e non si può smantellare un apparato come quello provinciale
che ha anche il grande scopo di drenare i consensi e di costruire le campagne e la
vita normale dei partiti. Avrebbero anche potuto toccare delle categorie professionali
importanti: pensiamo all’ordine degli avvocati, dei notai. Il fatto che non si sia
neppure voluto iniziare il discorso, dice qual è il Paese di riferimento per il governo,
cioè non le famiglie - perché sono state toccate -, non i ceti produttivi - perché
non sono stati aiutati -. La società di riferimento sembra essere composta da quei
ceti che godono di una rendita di sociale di posizione e questo certamente non è un
segnale positivo.
D. - Tutto questo mentre l’Istat ci dice che in Italia la
povertà sta gradualmente ma costantemente aumentando…
R. - Ci sarà un ulteriore
aumento, perché uno dei problemi, con questa manovra, sul quale sono d’accordo analisti
di vari orientamenti, è che molti dei provvedimenti contenuti sono posticipati al
2013-2014, cioè dopo le elezioni. Il segnale è negativo, non è positivo. Si dice,
in sostanza, “noi non vogliamo decidere adesso, lasciamo la parte più bollente di
questa patata, che è la finanziaria, a coloro che verranno dopo di noi”. Significa
dire: “noi, per due anni, non faremo niente di rilevante sul piano strategico”. Questo
è chiaro che incoraggia gli speculatori, diffonde incertezza e tutto questo si traduce
proprio matematicamente in povertà. Pagheremo tutto di più. Quindi, qui c’è una povertà
che viene creata dall’assenza o da decisioni politiche errate. Attenzione, questo
è un profilo immorale: non è un mero dibattito di partito, su cui si può essere d’accordo
o meno. Decisioni che programmano una povertà successiva sono decisioni assai sbagliate.
D.
- C’è una via d’uscita a questa situazione?
R. - Sembra ormai chiaro che serve
un ricambio forte della classe politica e, per farlo, bisogna cambiare la tanto vituperata
legge elettorale, che affida ai capi dei partiti la scelta degli organi legislativi.
Gruppi di privati decidono quindi sugli organismi pubblici che a loro volta decidono
le sorti di un Paese. Si deve perciò cambiare la classe politica, ma serve anche che
la società sia disposta a favorire questo cambiamento. (vv)