2011-07-15 14:40:26

La crisi in Europa e Stati Uniti: fermare la corsa del debito pubblico


Stati e Uniti ed Europa in questi giorni sono alle prese con la difficile situazione economica. A Washington continua il confronto tra il presidente Obama ed il Congresso, in particolare con i repubblicani, con l’obiettivo di definire le misure comuni da adottare per far fronte al debito pubblico. Nell’Unione Europea si guarda con attenzione alle situazioni dei singoli Stati: la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo e al rischio che anche l’Italia si trovi in difficoltà. Quali le differenze tra queste due realtà? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di Economia Politica all’Università Bocconi di Milano:RealAudioMP3

R. – Sono due situazioni secondo me molto diverse. Quello americano è un problema almeno nel breve periodo contingente, nel senso che riguarda tutta la dotazione finanziaria del Congresso per quest’anno e che potrebbe venire sbloccato da una decisione politica e a quel punto il problema smetterebbe di porsi e il debito americano continuerebbe a salire ma a un livello sostenibile. Mentre per quel che riguarda l’Europa, la struttura complessiva del debito viene considerata troppo elevata dal mercato per alcuni Paesi e quindi, di fatto, il mercato chiede un aggiustamento che al momento invece non viene richiesto agli Stati Uniti.

D. –Che cos’è un debito pubblico?

R. – Il debito pubblico semplicemente è la somma dei deficit che uno ha accumulato durante la propria gestione. Evidentemente prima o poi qualcuno chiederà di ripagare questo debito e da questo punto di vista, quando il debito supera un certo valore critico - diciamo il 90 per cento del fatturato - il mercato inizia a essere un po’ attento a queste dinamiche. Gli Stati Uniti supereranno questo valore l’anno prossimo e quindi probabilmente saranno visti dall’anno prossimo con un occhio un po’ più attento da parte del mercato.

D. - Guardando la dimensione più microeconomica, la ricaduta sulle famiglie qual è?

R. – La ricaduta sulle famiglie è che da un lato sicuramente ci saranno degli aggravi di spesa, piccole operazioni che avranno un impatto sulla capacità di spendere delle famiglie. Se noi non facciamo queste operazioni velocemente rischiamo di arrivare a una situazione tipo Grecia o tipo Argentina e a quel punto vedremmo svaporare la nostra ricchezza finanziaria. Per evitare questo dobbiamo fare dei sacrifici nel breve periodo in attesa che la situazione in qualche modo migliori. Cerchiamo poi di metterci d’accordo sul fatto che tutti partecipino e che non ci siano dei furbi che fanno meno sacrifici di altri ma la direzione non può che essere questa.

D. – Già si parla del rischio che alcuni Paesi escano fuori dall’euro ma questa sarebbe una misura che potrebbe salvare dalla crisi o ormai è impensabile uscire fuori dalla moneta unica?

R. - Il vero punto è non tanto che alcuni Paesi decidano da uscire dalla moneta unica ma piuttosto che l’Europa dia le risposte alla crisi necessaria: quindi una ristrutturazione del debito di Grecia e forse Portogallo e Irlanda, un vero nucleo di politica fiscale europea e un ruolo più attivo della Banca centrale europea nel gestire questa massa di debito pubblico. Se l’Italia fallisce, insieme ad essa, fallirebbe istantaneamente la Francia e a cascata la Germania. Per questo l’Italia fa la sua parte - in tre giorni abbiamo trovato 70 miliardi di manovra - adesso tocca all’Europa fare la sua parte. (bf)







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