Violenze in Siria. Il Consiglio di Sicurezza non trova l'accordo per una condanna
Almeno sette persone sono rimaste uccise in Siria nel corso di un’operazione delle
truppe governative nei villaggi nord-occidentali alla frontiera con la Turchia. Due
altri civili hanno perso la vita, invece, durante manifestazioni anti regime a Deir
Ezzor, nella parte orientale del Paese. Proprio oggi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu
discuterà della crisi in Siria. Ma il Palazzo di Vetro resta paralizzato sulla risoluzione
di condanna, proposta da Francia, Gran Bretagna, Germania e Portogallo. Sul fronte
del 'no', infatti, si sono schierate Russia e Cina; forti obiezioni ci sono pure da
Brasile, Sudafrica e India. Salvatore Sabatino ha intervistato Franco Rizzi,
docente di Storia dell’Europa e del Mediterraneo all’Università RomaTre ed autore
del libro: “Mediterraneo in rivolta”:
D. - Il ministro
della Difesa francese, Gérard Longuet, ha detto che il blocco posto da Cina e Russia
è ‘indecente’. Insomma, parole pesanti…
R. - Non dobbiamo mai dimenticare
cosa sta effettivamente succedendo in Siria. Si rischia, a forza di lasciar passere
il tempo, di stendere un velo su questa realtà e si pensa che in questo modo il problema
possa essere risolto. Il discorso centrale, per quanto riguarda la Siria, è che la
situazione che si è creata è una situazione di non ritorno: la gente è uscita, è scesa
in piazza, nonostante le divisioni interne al movimento, con parole d’ordine che sono
state accettate da tutti, ossia la libertà, la democrazia, i diritti dell’uomo e così
via.
D. - Com’è possibile, secondo lei, superare questa impasse, che
è diventata anche diplomaticamente imbarazzante?
R. - Noi assistiamo
a comportamenti che sono diversificati a seconda della realtà. Certamente il problema
della Siria è molto diverso da quello dell’Egitto e della Tunisia, ma è anche vero
che la gente scende in strada con gli stessi slogan con cui scendevano in strada i
tunisini, gli egiziani e gli yemeniti. Voglio quindi dire che la diplomazia e la politica
devono fare i conti proprio con questo, non soltanto con astrazioni e possibilità
di creazione di nuove situazioni. Devono fare i conti con quello che vuole la gente
e la gente vuole queste cose: la democrazia, la libertà, vuole essere rispettata.
E’ questa la cosa importante.
D. - Non crede che la Nazioni Unite da
tutta questa storia ne escano più che mai indebolite?
R. - Non hanno
bisogno di questa storia per essere indebolite. Certamente ancora una volta le contraddizioni
- che sono delle contraddizioni politiche, di prese di posizione dei vari Stati -
si riflettono ed indeboliscono inevitabilmente un organismo, che comunque ha delle
difficoltà nell’organizzare una risposta univoca, logicamente accettabile. Sì, rimane
indebolito, ma è l’unico strumento che abbiamo con cui poter immaginare un intervento
che sia il più equilibrato possibile. (vv)