Il dolore di Benedetto XVI per la nuova ordinazione episcopale illegittima in Cina
Un avvenimento che “viene seguito e visto con dolore e preoccupazione”, perché contrario
“all’unione della Chiesa universale”. Sono le parole con le quali il direttore della
Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato la notizia dell’ordinazione
episcopale illegittima di padre Giuseppe Huang Bingzhang, celebrata oggi nella città
di Shantou. All’ordinazione sono stati costretti a partecipare anche alcuni vescovi
in comunione con il Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Con l’ordinazione
illegittima del vescovo di Shantou, nella regione cinese di Guandong, è stata inferta
una nuova ferita al tessuto della Chiesa cattolica cinese, già colpita, appena due
settimane fa, da un gesto analogo con l’ordinazione del vescovo di Leshan, anch’essa
priva di mandato pontificio. Risulta che in occasione dell’ordinazione di oggi, sono
state esercitate pressioni su alcuni presuli cinesi in comunione con il Papa perché
vi prendessero parte, nonostante il loro precedente rifiuto. La vicenda rinnova la
grande amarezza provata da Benedetto XVI alla notizia dell’ordinazione episcopale
di Leshan dello scorso 29 giugno. In quella circostanza, la Santa Sede, manifestando
il dolore e il rammarico del Papa, aveva anche ricordato, in una Dichiarazione pubblicata
il 4 luglio, che un vescovo ordinato “senza mandato pontificio e quindi illegittimamente
è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana” e che dunque “la
Santa Sede non lo riconosce” come vescovo della diocesi affidata alla sua responsabilità.
Ricordando pure in quali gravi sanzioni canoniche incorra il presule
ordinato illegittimamente, e con lui i vescovi consacranti – ovvero la scomunica latae
sentntiae, per la violazione della norma del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico
– la Dichiarazione della Santa Sede affermava che “un’ordinazione episcopale senza
mandato pontificio si oppone direttamente al ruolo spirituale del Sommo Pontefice
e danneggia l’unità della Chiesa”. Si tratta di un atto che “produce lacerazioni e
tensioni nella comunità cattolica in Cina”, mentre, viceversa, “la sopravvivenza e
lo sviluppo della Chiesa possono avvenire soltanto nell’unione a colui al quale, per
primo, è affidata la Chiesa stessa, e non senza il suo consenso”. “Se si vuole che
la Chiesa in Cina sia cattolica – asseriva la Dichiarazione – si devono rispettare
la dottrina e la disciplina della Chiesa”. Il documento vaticano terminava esprimendo
il desiderio di Benedetto XVI di rivolgere “agli amati fedeli in Cina una parola di
incoraggiamento e di speranza, invitandoli a pregare e ad essere uniti”.