2011-07-14 14:18:50

Il dolore di Benedetto XVI per la nuova ordinazione episcopale illegittima in Cina


Un avvenimento che “viene seguito e visto con dolore e preoccupazione”, perché contrario “all’unione della Chiesa universale”. Sono le parole con le quali il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato la notizia dell’ordinazione episcopale illegittima di padre Giuseppe Huang Bingzhang, celebrata oggi nella città di Shantou. All’ordinazione sono stati costretti a partecipare anche alcuni vescovi in comunione con il Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

Con l’ordinazione illegittima del vescovo di Shantou, nella regione cinese di Guandong, è stata inferta una nuova ferita al tessuto della Chiesa cattolica cinese, già colpita, appena due settimane fa, da un gesto analogo con l’ordinazione del vescovo di Leshan, anch’essa priva di mandato pontificio. Risulta che in occasione dell’ordinazione di oggi, sono state esercitate pressioni su alcuni presuli cinesi in comunione con il Papa perché vi prendessero parte, nonostante il loro precedente rifiuto. La vicenda rinnova la grande amarezza provata da Benedetto XVI alla notizia dell’ordinazione episcopale di Leshan dello scorso 29 giugno. In quella circostanza, la Santa Sede, manifestando il dolore e il rammarico del Papa, aveva anche ricordato, in una Dichiarazione pubblicata il 4 luglio, che un vescovo ordinato “senza mandato pontificio e quindi illegittimamente è privo dell’autorità di governare la comunità cattolica diocesana” e che dunque “la Santa Sede non lo riconosce” come vescovo della diocesi affidata alla sua responsabilità.

Ricordando pure in quali gravi sanzioni canoniche incorra il presule ordinato illegittimamente, e con lui i vescovi consacranti – ovvero la scomunica latae sentntiae, per la violazione della norma del canone 1382 del Codice di Diritto Canonico – la Dichiarazione della Santa Sede affermava che “un’ordinazione episcopale senza mandato pontificio si oppone direttamente al ruolo spirituale del Sommo Pontefice e danneggia l’unità della Chiesa”. Si tratta di un atto che “produce lacerazioni e tensioni nella comunità cattolica in Cina”, mentre, viceversa, “la sopravvivenza e lo sviluppo della Chiesa possono avvenire soltanto nell’unione a colui al quale, per primo, è affidata la Chiesa stessa, e non senza il suo consenso”. “Se si vuole che la Chiesa in Cina sia cattolica – asseriva la Dichiarazione – si devono rispettare la dottrina e la disciplina della Chiesa”. Il documento vaticano terminava esprimendo il desiderio di Benedetto XVI di rivolgere “agli amati fedeli in Cina una parola di incoraggiamento e di speranza, invitandoli a pregare e ad essere uniti”.







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