L'Onu adotta all'unanimità una risoluzione contro l'utilizzo dei bambini soldato
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha adottato ieri all'unanimità una risoluzione
contro l'utilizzo dei bambini nei conflitti armati e contro le violenze di cui i più
piccoli sono spesso vittime. Il documento chiede agli Stati membri ''di adottare azioni
decisive e immediate contro chi, nel corso di conflitti armati, commette violazioni
e abusi contro i bambini'', esortando a ''portare davanti alla giustizia i responsabili
di tali violazioni, proibite dalle leggi internazionali''. Tra questi reati, la risoluzione
delle Nazioni Unite specifica ''il reclutamento e l'utilizzo di bambini, l'omicidio
e la mutilazione, lo stupro e altre violenze sessuali'', nonché gli attacchi contro
scuole e ospedali. Secondo dati dell’Onu, in almeno 31 Paesi di Africa, Asia, Europa,
America Latina e Medio Oriente "le scuole sono state bersaglio di attacchi violenti
e minacce”. Per fare il punto sul triste fenomeno dello sfruttamento dei bambini soldato,
ascoltiamo Elena Avenati, coordinatrice dell’Advocacy internazionale di Save
the Children-Italia, intervistata da Giada Aquilino:
R. – Nel
mondo sono più di 250 mila i minori che prendono parte ai combattimenti, in più di
35 Paesi. I minori vengono utilizzati sia dagli eserciti governativi, sia dai cosiddetti
gruppi armati irregolari; contiamo che possano essere circa 120 mila solo nel Continente
africano. Un altro dato purtroppo significativo è che la maggioranza di questi minori
- bambini e bambine - ha dai 15 ai 18 anni, ma alcuni hanno anche solo dieci anni
e si registra quindi una tendenza sempre più evidente verso un abbassamento dell’età
media. Nel giugno 2010, per fare un esempio, il network di cui “Save the Children”
fa parte, che si chiama “Watchlist on Children and Armed Conflicts”, ha pubblicato
un rapporto sulla situazione in Afghanistan e i dati purtroppo sono molto significativi.
Nel 2009, oltre mille bambini sono stati uccisi in attacchi suicidi, raid aerei, esplosioni
di mine e di ordigni. Decisamente consistente il numero dei bambini e delle bambine
soldato: il reclutamento è documentato sia a carico delle forze di sicurezza afghane,
sia dei gruppi di opposizione. Inoltre, sono anche molto diffusi gli stupri – e ne
sono principali vittime le donne, le bambine, le ragazze, ma anche i ragazzi – e le
violenze sessuali, commessi anche in questo caso da gruppi armati, gang criminali
e in famiglia. Ma il Consiglio di Sicurezza, nella risoluzione che ha adottato, evidenzia
non solo come tra le violazioni principali vi siano quelle del reclutamento e l’utilizzo
dei bambini, ma anche gli attacchi contro le scuole e gli ospedali. E “Save the Children”
testimonia come siano sempre più numerosi gli attacchi alle scuole: nel caso più specifico
dell’Afghanistan, nel 2009 sono stati oltre 600 gli attacchi alle scuole con incendi,
esplosioni di ordigni, bombardamenti, violenze e attentati. Ciò dimostra il pesantissimo
impatto della guerra sulle condizioni dell’infanzia.
D. – La risoluzione
Onu non soltanto sollecita i Paesi membri ad adottare azioni contro chi, nei conflitti
armati, commette violazioni ed abusi nei confronti dei bambini, ma esorta anche a
portare i responsabili davanti alla giustizia. Quali strumenti giuridici ha la comunità
internazionale e quale via si deve seguire in questo senso?
R. – Le
Corti penali di giustizia presenti nei vari Paesi, che sono state attrezzate per poter
risolvere questo tipo di problematiche, devono essere in grado di poter accogliere
le istanze dei bambini e delle bambine vittime e anche l’azione di organizzazioni
non governative che lavorano nel settore dell’emergenza e nell’umanitario, come “Save
the Children”. Tali organizzazioni possono creare, quindi, tutta una serie di precondizioni
affinché vengano dati strumenti a chi può aiutare a perseguire la giustizia anche
sul campo.
D. – Nella sua esperienza, c’è un caso particolare che lei
ricorda di bambini soldato salvati e poi reintrodotti nella società?
R.
– Posso menzionare progetti che “Save the Children” ha avviato in Africa e, in particolare,
progetti di educazione. Andare a scuola per i bambini è fondamentale, non solo per
la formazione e il benessere, ma anche per la pace e la stabilizzazione futura della
comunità. L’istruzione ha un ruolo cruciale nella protezione dei bambini, affinché
i più piccoli possano frequentare un ambiente protetto in cui possano riabituarsi
ad una routine di vita che permetta loro di esprimere idee e opinioni per essere futuri
cittadini del mondo. (gf)