Dat. Scienza e Vita: il sì della Camera tutela dalle derive eutanasiche
“Una legge che tutela dalle derive eutanasiche”. Così l’associazione Scienza e Vita
commenta il sì della Camera, ieri, al ddl sul testamento biologico. 278 i voti favorevoli,
205 i contrari, 7 gli astenuti: la consultazione è avvenuta a scrutinio segreto. Tra
le principali novità: le Dat, dichiarazioni anticipate di trattamento, non saranno
vincolanti per il medico e non potranno riguardare la sospensione di alimentazione
e idratazione artificiale, prevista solo in casi eccezionali. Di “un testo a lungo
atteso, ben modulato e votato da un’ampia e trasversale maggioranza” parla il quotidiano
cattolico Avvenire. Per un commento sentiamo, al microfono di Paolo Ondarza,
il prof.Gianluigi Gigli, direttore di Neurologia all’Ospedale Santa
Maria della Misericordia di Udine e membro del Consiglio esecutivo Scienza e Vita:
R. – Reputo
questo testo sostanzialmente molto positivo. Innanzitutto, perché mette fine ad una
situazione di incertezza dal punto di vista giuridico, come si era aperta a seguito
di alcuni pronunciamenti, in particolare della Corte di Cassazione, e di tutto quello
che poi ne era seguito con la vicenda Englaro; poi, perché dice chiaro una volta per
tutte, chiamandola per la prima volta con il suo nome: “no” all’eutanasia sotto qualunque
forma, “no” all’abbandono del malato. Lo reputo positivo perché torna a chiamare sostegni
vitali quelle cose – l’idratazione e la nutrizione – che solo con artifici linguistici
si era voluto trasformare in terapie.
D. – Il testo licenziato dalla
Camera definisce le Dat, ovvero le dichiarazioni anticipate di trattamento, non vincolanti
per il medico...
R. – La stessa convenzione sulla biomedicina di Oviedo
in realtà prevede che i desideri del paziente siano tenuti certamente in considerazione,
ma non siano in alcun modo vincolanti per il medico. E’ la stessa cosa che adesso
si profila per l’Italia, dove si parla appunto di orientamenti, di richieste, che
il medico certamente valuta in tutta la sua attenzione, ma che non possono però finire
per condizionare la decisione clinica in maniera definitiva, perché altrimenti il
medico si ridurrebbe ad un prestatore d’opera in un rapporto che sarebbe meramente
di tipo contrattuale.
D. – Ma allora il singolo paziente di cosa potrà
disporre nelle Dat?
R. – Il singolo paziente dovrebbe poter orientare
quelle che sono le sue opzioni terapeutiche, le scelte che hanno a che fare appunto
con determinati tipi di intervento piuttosto che altri, con determinati tipi di farmaci
piuttosto che altri, ma non può certamente intervenire sulla sospensione di presidi
vitali, come appunto la nutrizione e l’idratazione che, se sospesi, avrebbero un solo
effetto certo: quello di affrettare la fine del paziente. Allora, se questo è quello
che si vuole, bisogna dirlo in maniera più chiara: si vuole l’introduzione dell’eutanasia
per omissione nel nostro ordinamento giuridico.
D. – La data assumerà
valore solo quando sarà accertata assenza di attività cerebrale integrativa. Che cosa
vuol dire?
R. – Sostanzialmente è un modo, con altre parole, per restringere
l’applicabilità ai soggetti in stato vegetativo. Qui si è voluto evitare che tutta
una serie più ampia di pazienti – pensiamo in particolare ai pazienti con l’Alzheimer
– potessero diventare oggetto di attenzione dal punto di vista di una sospensione
di cure anche necessarie. Pensate semplicemente all’antibiotico terapia.
D.
– Inoltre sarà valida la Dat opportunamente registrata presso un unico archivio nazionale,
di cui sarà titolare il Ministero della Salute a garante...
R. – Sì,
questo serve a dare certezza, con il fatto che la Dat deve essere sottoscritta dal
soggetto, quindi deve essere un atto certificato. Questo serve appunto ad evitare
che ci possano essere, come appunto ci sono state, nella vicenda che tutti ricordiamo,
delle interpretazioni della volontà del paziente.
D. – Finalmente ai
pazienti in stato vegetativo sarà poi garantita assistenza ospedaliera, residenziale
e domiciliare, prevedendoli tra i livelli essenziali di assistenza. Ci sarà la capacità
di affrontare questa spesa?
R. – Non dovrebbe essere un reperimento
particolarmente oneroso, innanzitutto perché, per fortuna, il numero di questi pazienti
non è un numero esorbitante, soprattutto se lo consideriamo distribuito su tutto il
territorio nazionale, ma poi anche perché molti dei provvedimenti che le vie di indirizzo
prevedono in realtà erano già fornite dal servizio sanitario nazionale. Qual era il
limite? Era che il paziente e la sua famiglia dovevano andare a cercarseli, mentre
invece si evita alle famiglie il peregrinare e chiedere per pietà dei diritti che
vengono invece riconosciuti.
D. – Non mancano, sono numerose anche,
le critiche, secondo le quali il testo lede il principio di autodeterminazione del
malato...
R. – Questo, per chi vuole fare del principio di autodeterminazione
un totem avente valore assoluto, certamente è vero. Queste persone però dimenticano
che la nostra Costituzione prevede sì il diritto all’autodeterminazione del malato,
ma prevede anche che la salute del paziente sia un bene della collettività. Quindi,
la collettività tutta ha un interesse alla tutela della vita e della salute del paziente.
E, comunque, il "bene vita" viene messo prima del "bene salute" nella nostra Carta
costituzionale. (ap)