Attacco kamikaze in Afghanistan: uccisi 5 soldati francesi
Non si ferma la violenza in Afghanistan: in un attacco kamikaze nell'Est del Paese
sono rimasti uccisi 5 soldati francesi dell'Isaf e un civile afghano. Il governatore
di Helmand è uscito illeso da un attentato nella provincia di Kandahar, mentre si
recava ai funerali del fratellastro del presidente, Ahmid Karzai. Il servizio di Fausta
Speranza:
E’ giunta
in fine mattinata la notizia che i soldati Isaf uccisi in un attentato nella provincia
di Kapisa sono cinque e di nazionalità francese. L’attentato suicida ha colpito una
base della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, a guida Nato. La giornata
era cominciata con un fallito attentato: una bomba telecomandata è esplosa al passaggio
del convoglio del governatore di Helmand, che stava recandosi alla cerimonia funebre
- svoltasi regolarmente nei pressi di Karz - del fratello del presidente afghano
Karzai, Ahmed Wali, ucciso ieri a colpi di pistola da una delle sue guardie del corpo
mentre si trovava nella sua casa blindata a Kandahar. Uomo potente del sud dell'Afghanistan,
n personaggio anche controverso, accusato da alcuni di corruzione e traffico di droga.
I talebani hanno rivendicato la sua uccisione. D’altra parte, l'area è una delle regioni
più instabili ma anche strategiche del Paese, dove le forze della Nato tentano di
frenare l'avanzata proprio dei talebani. Domani, a Roma, nella basilica
di Santa Maria degli Angeli si svolgeranno i funerali del primo caporal
maggiore italiano, Roberto Marchini, ucciso a 28 anni ieri, nell'ovest dell'Afghanistan,
dall’esplosione di un ordigno.
Riconoscimenti e accuse sui diritti umani
per i ribelli in Libia I tre Paesi del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo)
hanno deciso di riconoscere il Consiglio nazionale di transizione (CNT) libico quale
“rappresentante legittimo del popolo libico durante la transizione”, che dovrà portare
all'uscita di scena di Gheddafi. Lo ha riferito il ministro degli Esteri belga, che
con i colleghi del Lussemburgo e dell’Olanda incontra oggi a Bruxelles una delegazione
del Cnt. Intanto, l'organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani
"Human Rights Watch" (Hrw) sostiene che gli insorti in Libia nella loro avanzata verso
Tripoli si sono resi responsabili di incendi, saccheggi e abusi sulle popolazioni
civili. In un comunicato, il movimento sostiene di “essere stato testimone di certi
atti”, mentre di altri è venuto a conoscenza parlando con testimoni e con “un comandante
degli insorti”.
Obama condanna l’attacco alle ambasciate in Siria Monito
alla Siria da parte di Barack Obama. Il presidente degli Stati Uniti, riferendosi
agli attacchi di cui sono state oggetto a Damasco le ambasciate americana e francese,
ha detto in un'intervista alla Cbs: “Nessuno ha il diritto di prendere di mira la
nostra ambasciata”. Obama ha anche aggiunto che il presidente siriano, al-Assad, “perde
occasione dopo occasione di portare avanti riforme” verso una transizione democratica,
e a suo avviso “perde legittimità agli occhi del suo popolo”. Obama ha ribadito quanto
detto in questi giorni sia dal segretario di Stato, Hillary Clinton, sia dal portavoce
della Casa Bianca, Jay Carney.
Ucciso studente palestinese nel campo profughi
di Far'a Era uno studente universitario il giovane palestinese rimasto ucciso
oggi nel campo profughi di Far'a presso Nablus, in Cisgiordania. Il giovane si è trovato
coinvolto in incidenti fra reparti dell'esercito israeliano e dimostranti, mentre
usciva da una moschea. L'unità israeliana era entrata nel campo profughi per arrestare
alcuni militanti della Jihad islamica. Il giovane è stato colpito da almeno un colpo
di arma da fuoco ed è deceduto mentre veniva trasportato all'ospedale Rafidiye di
Nablus.
26 arresti e 16 feriti per i duri scontri ieri a Belfast Ventisei
arresti e 16 feriti: è questo il bilancio degli scontri di ieri sera a Belfast, quando
le Forze dell'ordine hanno cercato di impedire una contro-manifestazione organizzata
da un gruppo nazionalista, la Greater Ardoyne Residents Coalition, in margine alla
tradizionale parata protestante degli Orangisti. L'assistente commissario che ha coordinato
la risposta della polizia ha denunciato “un livello di violenza purtroppo mai visto
prima”. Emer Mccharty della nostra redazione inglese ha intervistato mons.
Donal McKeown, vescovo ausiliare della diocesi irlandese di Down and Connor:
R. – In queste
settimane, intorno al 12 luglio, c’è sempre un periodo abbastanza teso qui, in Irlanda
del Nord in generale, e nello specifico a Belfast. Questo perché, come sappiamo, il
problema che si presenta non è tra cattolici e protestanti, ma forse tra coloro che
si sentono irlandesi e coloro che si sentono inglesi. Infatti, c’è tensione quando
marciano gli orangisti, i membri di questo Orange Order, che insistono sulla fedeltà
dell’Irlanda del Nord alla regina inglese. E ci sono persone che intorno a questo
tipo di contestazioni vogliono utilizzare le tensioni per altri motivi. Alcuni giovani,
forse, durante l’estate, di sera, quando magari hanno bevuto, vogliono partecipare
a questi disordini solo tanto per fare qualcosa. Ma c’è anche chi è contro il processo
di pace che si sta attuando a Belfast. E queste persone sono molto contente di poter
sfruttare questi scontri per dimostrare al mondo che questo governo dell’Irlanda del
Nord fra Sinn Fein ed il partito l’Ulster Unionist Party (Uup) non può reggere. Per
questo motivo, il vescovo della nostra diocesi, di Down and Connor, mons. Noël Treanor,
lo scorso sabato ha fatto una dichiarazione in cui chiedeva a tutti - anche a quella
maggioranza di persone che vuole la pace - di non fare nulla che possa aiutare chi
intende creare problemi e disordini, perché l’unica via è quella di andare avanti
attraverso il dialogo, che può risolvere tutti i problemi. Questo è l’unico messaggio
del Vangelo e per questo motivo il vescovo - come tanti altri capi delle diverse Chiese
protestanti - ha detto che una soluzione si può sempre trovare e che con la violenza
è impossibile raggiungere un accordo. I disordini rendono ancora più distante la possibilità
di un accordo. (vv)
Ancora negoziazioni sul debito a Washington I
repubblicani rilanciano e aumentano la pressione su Barack Obama. Le negoziazioni
per l'aumento del tetto del debito vanno avanti ma l'impasse resta, con un
nuovo incontro in programma anche oggi. Il leader dei repubblicani al Senato, Mitch
McConnell, alza i toni e propone un piano che addossa la responsabilità dell'aumento
del tetto del debito sul presidente: il Congresso - secondo la proposta di McConnell
- darà al presidente americano l'autorità per alzare il limite legale del debito in
tre tranche, per un ammontare di 2.400 miliardi di dollari. Obama dovrà chiedere
al Congresso di poter alzare il debito in ogni fase e il Congresso potrà bocciare
le richieste: in quel caso, Obama dovrebbe decidere se opporre o meno il proprio veto
sulla decisione del Congresso. La casa Bianca respinge la proposta: "Il presidente
ritiene che dobbiamo concentrarci sull'occasione che abbiamo per una riduzione importante
ed equilibrata del deficit”. L'aumento del tetto del debito “non è un problema repubblicano
o democratico, ma un problema nazionale che deve essere risolto": così afferma Obama
replicando allo speaker della camera, John Bohehner, secondo il quale l'aumento del
tetto del debito è un problema di Obama.
Denuncia di Human Rights Watch:
detenuti come muli in Birmania L'esercito birmano costringe detenuti delle
carceri nazionali a compiere estenuanti e pericolose operazioni di trasporto per le
truppe impegnate nelle offensive contro le milizie etniche al confine orientale, con
una pratica nota ma probabilmente intensificatasi nell'ultimo anno. Lo ha denunciato
"Human Rights Watch", con un Rapporto presentato oggi a Bangkok. La ricerca “Dead
men walking: detenuti portatori al fronte nella Birmania orientale” si basa sui racconti
di 58 ex prigionieri che sono riusciti a scappare, portando con sé testimonianze di
torture, pestaggi ed esecuzioni. “I detenuti sono fondamentalmente dei 'muli umani'
per l'esercito birmano. Devono trasportare materiale molto pesante attraverso zone
minate”, ha detto Elaine Pearson, direttrice aggiunta dell'organizzazione in Asia,
aggiungendo che tale pratica è “solo uno dei crimini di guerra in corso” nel Paese
e sollecitando un'inchiesta internazionale. Dall'anno scorso, quando le autorità birmane
hanno iniziato un tentativo di pacificare le zone della guerriglia nel nord e nell'est
del Paese, in vista delle elezioni del 7 novembre, tra l'esercito ed alcune milizie
etniche ribelli - in particolare i Kachin e i Karen - si sono verificate periodiche
ondate di scontri per il controllo del territorio, dopo che questi gruppi si sono
rifiutati di entrare a far parte di un nuovo corpo di "guardie di confine" agli ordini
delle autorità centrali. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LV no. 194